Domenica scorsa su Gente d’Italia ho letto un bell'articolo di Marco Ferrari sull’isola-carcere di Santo Stefano, complesso penitenziario fatto costruire da Fernando V° di Borbone alla fine del Settecento, nell'omonima isola a due chilometri da Ventotene, nell'arcipelago ponziano. 

La struttura carceraria fu dismessa nel 1965 e va ricordato che in questo carcere fu rinchiuso ai tempi del fascismo niente di meno che Sandro Pertini, poi Presidente della Repubblica.

L’articolo é corredato da una bella foto che mostra la struttura semicircolare della costruzione.  Se non aveste il giornale di domenica scorsa, cercate in Internet “carcere Santo-Stefano” per capire di cosa stiamo parlando. E infatti proprio quella foto che questa mattina mi porta a riflettere sulla nostra realtà contemporanea, dove siamo ognuno di noi sempre più controllati, come... nel carcere di Santo Stefano. 

Cosa voglio dire? I Borboni, che all’epoca erano una potenza, vennero subito a sapere che un certo filosofo e giurista inglese - Jeremy Bentham – aveva avuto l’idea di progettare quattro anni prima el Panopticon o carcere panottico. La parola deriva dal greco “pan” (tutto) e “ottico” (ovviamente vincolato alla “vista”). Quindi panottico esprime il concetto che tutto può essere visibile. 

Il carcere di Bentham é una costruzione che permette a un unico sorvegliante di osservare tutti i prigionieri. E’ un carcere circolare (o come nel caso di Santo Stefano, semicircolare) in cui le celle sono sempre alla vista del sorvegliante, che occupa una torretta al centro del circolo. Ovviamente non sempre il sorvegliante li guarderà, ma i prigionieri vivranno nel timore continuo di essere vigilati dalla torretta. 

Oggi viviamo – come ai tempi del carcere borbonico di Santo Stefano – una realtà panottica, in cui i prigionieri siamo noi in un continuo stato di controllo. Lo aveva già capito il filosofo francese Foucault, che nel secolo scorso affermava che il potere tende a creare un “clima psicosociologico” di controllo ed invasione della nostra privacy. E paragona questa situazione al modello panottico ideato da Benthan  in cui i prigionieri in realtá non sono costantemente vigilati, ma loro credono o immagino di esserlo. 

Le nuove tecnologie di controllo, ma anche le reti a cui consegniamo ogni dato – materiale e psicologico - della nostra persona, costruiscono una vero e proprio sistema di vigilanza continua, a scapito di spazi di libertà che inconsapevolmente perdiamo.  Meglio di me lo ha detto Boris Johnson nella 74ª Assemblea delle Nazioni Unite “Voi potete nascondere i vostri segreti agli amici, ai genitori, ai figli, o anche al medico o al vostro personal trainer, ma diventa uno sforzo ingente nascondere i vostri pensieri a Google”. 

“E se questo succede oggi - ha continuato Johnson -, é probabile che nel futuro non sapremo come nasconderci. Le città intelligenti saranno collegate attraverso sensori che consentiranno di vigilare i cittadini nelle 24 ore”.

La rete di controlli in qualche modo ci protegge: penso alle telecamere per strada, i controlli di velocità, i sistemi per proteggere i nostri conti in banca, la geolocalizzazione che si fa viaggiare più rapidi e sicuri. Ma allo stesso tempo, ognuno di questi sistemi di vigilanza misura il nostro pensiero, i nostri desideri, le scelte commerciali, la produttività del nostro lavoro, la destinazione del nostro viaggio. 

I controlli biometrici del nostro corpo ci consentiranno di aprire e chiudere ogni porta senza mostrare documenti, potremo  avanzare o meno in una carriera con l'informazione depositata nella “nuvola”, o pagare durante un tempo infinito la colpa di essere caduti in internet per una sciocca imprudenza. Come nel modello panottico, siamo precipitati in un sistema sociale, che racchiude in sé il principio del carcere di Bentham: il controllo globale e la sorveglianza ininterrotta, finalizzati all'esercizio di un potere immediato e totalizzante. 

Paradossalmente non sempre sono gli Stati nazionali ad esercitare il massimo del potere. Piú forti appaiono le nuove imprese tecnologiche globali, che tutto sanno di noi. 

Come ancora ricordava dice l’ineffabile primo ministro inglese, “nel futuro avremo materassi intelligenti che registreranno perfino i nostri incubi!”

 JUAN RASO