di Franco Esposito

Numeri impressionanti. Numeri da cattivi pensieri. Numeri che parlano e dicono questo: sulle mascherine un business sporco di due miliardi. Affari sporchi, tout court. La Guardia di Finanza ha sequestrato duecento milioni di pezzi dall'inizio della pandemia. Il Covid è diventato il grande affare per la criminalità organizzata, pronta a tuffarsi con i suoi illegali mezzi sul poderoso business. L'unica ad averci guadagnato un botto di soldi, al netto di ogni rischio. 

Quest'anno a Gorizia, per dirne una, tra febbraio e maggio, il nucleo di polizia finanziaria delle Fiamme Gialle ha sequestrato 115 milioni di mascherine. Le aveva acquistate la struttura del Commissario Straordinario per l'emergenza, gestione Arcuri. Commento a corredo: penso che nessun lettore de La Gente d'Italia abbia avuto dubbi sul periodo in cui è maturata la vicenda delle mascherine sequestrate a Gorizia: dove c'era Arcuri si è avvertito sempre puzzo di bruciato. 

Centonovanta milioni in tutto i pezzi taroccati. Non in grado, evidentemente, le mascherine fasulle di proteggere dal contagio chi le indossava. Nel grande business si sono lanciati, senza alcun problema, imprenditori privi di esperienza, faccendieri, politici e amici degli amici. A tutt'oggi, denunciate 670 persone; 800 le sanzioni amministrative già emesse. I numeri del grande maledetto imbroglio sono quelli evidenziati dal Comando generale della Guardia di Finanza. La linea è stata tirata a diciotto mesi dall'inizio dall'inizio delle misure anti pandemia.

Affiora dalla melma di un'Italia che non vuole cambiare una certezza. Questa: il disastro del Covid si è trasformato in grande affare. La mascherina rappresenta il migliore business del Coronavirus. Le mascherine sono servite a tutti. Lo spazio d'azione era enorme, come ben sapevano alla Protezione Civile. Acquistato sulla fiducia un lotto fallato dalla società import ed export dell'ex presidente della Camera, Irene Pivetti. 

Sapeva tutto Domenico Arcuri, ex commissario all'emergenza. Di persona ha acquistato una importante partita di mascherine dalla Cina, con l'okay del Cts, oggi al centro di un'inchiesta della Procura di Roma. Costo della fasulla operazione un miliardo e 250mila euro. Sapeva tutto la Consip, centrale pubblica degli acquisti. Pronti-via, fu costretta a questionare con una società che non mantenne quello che aveva promesso. 

Lo sanno, e molto bene, le Regioni, dalla Lombardia al Lazio, fino alla Puglia. Nell'emergenza hanno dovuto acquistare quello che c'era sulla piazza. Spesso materiale neppure decente. Nelle decine di inchieste portate avanti in tutta Italia la Guardia di Finanza ha trovato di tutto. Nel business sporco si sono infilate famiglie di 'ndrangheta di Reggio Calabria, auspice un consigliere regionale. Avevano preso forniture di mascherine e sanificazioni nella Asl. 

Nelle indagini appare anche il nome di Luigi Bisignani, non indagato, e c'è anche Roberto de Santis, dalemiano di stretta osservanza, e Massimo D'Alema, già presidente del Consiglio. Anche lui però toccato dalle indagini. Si era speso per recuperare respiratori cinesi, rivelatisi poi tarocchi. 

Il sequestro operato dalla Guardia di Finanza a Prato è del giugno 2020. Sequestrati 10 milioni di mascherine. Alcune era già finite nelle sale operatorie degli ospedali; altre erano state consegnate ai sanitari nel reparto. Mascherine fallate, come aveva stabilito lo stesso Istituto Superiore della sanità. Organizzatori della truffa imprenditori italiani e cinesi: posto in essere un sistema di scatole cinesi per evitare di risalire alla catena di produzione. Le mascherine venivano realizzate con macchine assolutamente non idonee. "Prodotte con tessuti privi di tracciabilità", ha ricostruito con rigorosa precisione la Guardia di Finanza, e con Qr code, "obbligatorio per risalire alla certificazione, che in realtà era inesistente". 

Le mascherine di Gorizia erano destinate ai medici e al personale sanitario del Friuli. Scrivono i finanzieri: "Si sono rivelate del tutto carenti dei requisiti necessari e, in alcuni casi, è stata riscontrata la capacità filtrante addirittura dieci volte inferiore rispetto alle promesse". 

Un affare sporco complessivamente da due miliardi di euro. Manna dal cielo per la criminalità organizzata. L'ultimo grande business lercio nascosto dietro le mascherine. 'Ndrangheta e camorra hanno saputo trarre il massimo dalla situazione di terrorismo inscenata al tempo del primo lockdown. Sappiamo bene chi sono e come agiscono quei criminali, abili e tempestivi nel disegno e nell'azione.  Ma vogliamo parlare dei loro complici? Nomi e cognomi sono nelle carte delle indagini a tappeto portate avanti dalla Guardia di Finanza.