di Ugo Magri

Raggiunto dall'ennesimo "dovete andare all'opposizione", il salviniano di ferro Claudio Borghi ironicamente ringrazia: "È sempre bello quando ti suggeriscono cose che tu mai e poi mai avresti pensato, se non te le avessero fatte notare". Come dire, senza dichiararlo esplicitamente, "con me sfondano una porta aperta". E ne hanno mille ragioni, i follower di Borghi, perché più questo governo va avanti meno si capisce che cosa la Lega ci stia dentro a fare, alimentando il dubbio se non farebbe meglio, dignitosamente, a levare le tende. È un dato oggettivo, incontestabile, che prescinde dal giudizio su Mario Draghi: piaccia o meno il suo operato, è chiaro a tutti che Salvini campa politicamente male, soffre la situazione, si comporta da anima in pena. Sta nella maggioranza allargata come in un paio di scarpe strette. Soffre, sbuffa, non vede l'ora di potersele levare. Ma più mette a nudo il disagio e più si fa male da solo.

L'ultima volta che si è recato dal premier, per uno dei loro incontri psicanalitici settimanali, ha avanzato una quantità di proposte talmente sopra le righe, così poco realizzabili da un governo con dentro Cinque stelle e Pd, che sembravano studiate apposta per farsi sbattere la porta in faccia. Nell'ordine: cedere alla protesta e allentare le regole del Green Pass; tamponi gratis per tutti i lavoratori dipendenti; estendere fino a 100mila euro la "tassa piatta" delle partite Iva; rottamare milioni di cartelle esattoriali; mantenere com'è "quota 100" e spianare semmai il Reddito di cittadinanza. Non serve essere scienziati per capire che sono tutte richieste incompatibili con questo sgangherato equilibrio politico. Idem quando, un mese fa, aveva sollecitato le dimissioni di Luciana Lamorgese pur sapendo di non poterle ottenere perché, ogni qualvolta la ministra sbaglia, lo fa sempre dopo essersi consultata con chi sta sopra di lei.

Ma allora, se Salvini sapeva che su queste rivendicazioni avrebbe riscosso un "no", scontatissimo peraltro, per quale motivo le ha tirate fuori lo stesso? Alla carlona, tanto per provarci in quanto non si sa mai, oppure per dimostrare a se stesso che così non può andare lontano? Già, perché giusto un masochista potrebbe godere a farsi mollare continuamente ceffoni. A forza di incassarne senza uno scatto di dignità, presto la Lega diventerà irrilevante; continuando di questo passo, quando alzerà la voce nel governo nessuno più le darà retta, come nella favola del lupo.

A questo punto una scelta si impone; quale sia preferibile, spetta a Salvini la decisione. Possibilità numero uno: dare senso alla scelta governativa con traguardi alla propria gittata. Rinunciando a un po' di propaganda, tanto più che le Comunali sono ormai alle spalle, rimpiazzandola con una percentuale equivalente di politica. Spremendo dal governo quello che un centrodestra responsabile, realisticamente, ne può cavare.

Offrendo una solida sponda a Draghi, permettendogli di difendersi dalle demagogie della sinistra-sinistra o da quelle grilline. È quanto la delegazione ministeriale (Giorgetti in testa) aveva tentato inizialmente di fare, con risultati tutt'altro che disprezzabili. Addirittura a molti era sembrato che la Lega spadroneggiasse al governo, che la bilancia pendesse da quella parte, complici certe uscite fuori contesto del neo-segretario Pd. Poi però Letta ha fatto la cosa giusta, fidandosi di Draghi, e il Capitano si è lasciato prendere la mano; per paura di cedere voti ai Fratelli d'Italia ha incominciato a moltiplicare le sue pretese, senza frenare peraltro l'ascesa della Meloni che difatti l'ha sorpassato.

Il Capitano insomma potrebbe tornare nei ranghi e approfittarne per strizzare l'occhio al popolo dei moderati che, complici certe scelte estremiste, se la sono data a gambe. Ma se fosse più forte di lui, se nonostante tutti gli sforzi non riuscisse a stare al governo come in fondo si sta a tavola - cioè senza sorbire rumorosamente il brodo o lanciare pallottole di mollica - ecco l'unica altra possibilità che si presenta a Salvini: cogliere il primo pretesto, la prima occasione utile per sfilarsi dal governo. Non cascherebbe il mondo.

In Parlamento ci sarebbero i numeri per tirare avanti ugualmente senza l'apporto della Lega e, da parte di Salvini, sarebbe un contributo alla chiarezza. Significherebbe ammettere onestamente di avere sopravvalutato la propria capacità di incidere; che stare al governo non gli è congeniale, come già si era notato ai tempi del Papeete. Vorrebbe dire riconoscere con umiltà a Giorgia che aveva visto giusto, raggiungendola nelle praterie dell'opposizione. Se davvero ne trovasse il coraggio ne sarebbero tutti contenti, a cominciare dalla sinistra, che da tempo non vede l'ora.