Di MATTEO FORCINITI

Da una parte ci sono le famiglie trentine emigrate a Colonia, in Uruguay. Dall’altra sono rappresentate le trasformazioni sociali ed economiche che ha vissuto nell’ultimo secolo questa città, un tempo campo di battaglia tra portoghesi e spagnoli. Il murale del Circolo Trentino di Colonia “Herencia de nuestras raíces” è stato reinaugurato venerdì sera dopo un processo di restauro curato dallo stesso autore, l’artista Anselmo Cabrera. 

L’opera si trova presso la chiesa San José Obrero di Colonia ed era stata realizzata nel 2005 con il contributo della Trentini nel Mondo su impulso di monsignor Pedro Wolcan, all’epoca vescovo della città oltre che presidente del locale Circolo Trentino per via delle sue origini familiari, di Tesero. 

Oltre ai diretti interessati, l’autore e l’associazione, alla cerimonia per la reinaugurazione del murale hanno partecipato anche diversi membri della comunità trentina tra cui Jorge Zas (coordinatore dei circoli dell’Uruguay), Teresa Gazza del circolo di Carmelo e l’attuale parroco della chiesa Carlos Quesada.

“È un nostro dovere assicurare il mantenimento di questo murale che dopo 16 anni era un po’ deteriorato e aveva bisogno di un miglioramento” racconta a Gente d’Italia Maria Bernardi, presidente di un’associazione che ha compiuto recentemente trent’anni di presenza.

“Herencia de nuestras raíces”, ricorda la presidente, era stato realizzato in un “luogo simbolico” dato che “la chiesa ha ospitato tantissime delle nostre attività nel corso di questi anni. L’opera per noi rappresenta senz’altro qualcosa di speciale da difendere considerato anche che è ormai diventato un patrimonio della zona, molto apprezzato dagli stessi residenti in quanto abbellisce il panorama”.

Era il 5 giugno del 2005 quando, sotto la direzione di Anselmo Cabrera, avveniva l’inaugurazione della pittura a cui parteciparono anche diversi suoi studenti della Casa de la Cultura de Colonia come scritto nella targa commemorativa che è stata appena aggiunta con tutti i nomi dei protagonisti: Lucía Allietti, Edgardo Bo, Rosario Casaña, Gabriela Derrico, Blanca Durand, Renee Fortete, Cristina González e Ariel Malan. 

“Ogni murale ha un suo linguaggio artistico frutto dell’idea dell’autore ma poi quando la gente passa e lo vede ognuno lo interpreta a suo modo” dice Anselmo Cabrera, artista dalle origini italiane che questa volta ha curato il lavoro insieme al figlio. “L’elemento fondamentale di quest’opera è il lavoro” spiega Cabrera fornendo la sua interpretazione citando l’esempio dello stesso San Giuseppe (a cui è intitolata la chiesa) che era un falegname: “Da un lato abbiamo le famiglie di immigrati che arrivano, si integrano e si sviluppano grazie al lavoro, specialmente quello dei campi. Dall’altro lato abbiamo proprio le trasformazioni che ha vissuto il mondo del lavoro in tutto questo periodo con un processo di tecnificazione che ha toccato praticamente ogni ambito e anche la nostra città ne è uscita inevitabilmente trasformata”.