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Faccio ogni volta piú fatica a capire gli altri, in un mondo che non ama i colori variopinti e funziona in bianco e nero, come i vecchi film del cinema muto. Bianco o nero, una cosa o l’altra: sono di questo o quel partito, credo in Dio o sono ateo, i miei amici sono buoni e tutti gli altri sono cattivi. Tra il bene e il male, tra la giustizia e l’iniquitá non vi sono termini medi. O sei con me o sei contro di me. Se questo è vero per la politica, per la religione, per le squadre calcio, immaginate gli schieramenti a favore o contro le parti in causa in questa che potrebbe essere la terza guerra mondiale. Non mi rassegno a immaginare che la ragione o il torto sia solo da una parte e pertanto con nessuno parlo dell’argomento bellico, perché é segno di debolezza o addirittura di stortura avere un'opinione diversa dalla stragrande maggioranza.

Per fortuna a salvarmi da questo mio isolamento e trovare conforto sui miei dubbi bellici, trovo una interessante intervista rilasciata da Marco Carnelos all’agenzia di notizie on-line “Dagospia” lunedí corso. Sulla preparazione e le competenze dell’intervistato non vi sono dubbi: Carnelos é stato 25 anni nella carriera diplomatica con incarichi in Somalia, Nazioni Unite, Iraq e ha ricoperto la carica di consulente di Prodi e Berlusconi, quando erano Presidenti del Consiglio, sulle questioni del Medio Oriente, il terrorismo e la Russia. Il suo ultimo incarico é stato quello di Ambasciatore d'Italia in Iraq, per passare nel 2018 all’attivitá privata.

Il primo punto in questione é sulle responsabilitá dell’Occidente all'allargamento della Nato a est, Carnelos risponde: “Alcune promesse verbali furono fatte... La Nato non sarebbe andata oltre il confine della Germania, riunificata ad ottobre 1990. L’allora Segretario di Stato americano, James Baker, promise “Not one inch eastward”, ovvero “non un centimetro più a est”, questione poi smentita dai fatti. Analizza la personalità di Putin e afferma: “Putin ha vissuto in Germania Est nel 1989 e non sappiamo quanto il crollo del suo mondo abbia inciso psicologicamente su di lui. Nessuno può sapere se effettivamente la fine dell’Urss lo abbia segnato. Lo sa il suo analista, ammesso ne frequenti uno. Ma io non credo che Putin sia pazzo. Le sue prese di posizione pubbliche mi sembrano coerenti, benché a tratti inaccettabili. Denotava problemi psichiatrici più seri Donald Trump, se vogliamo…”.

Alla riflessione del giornalista sul fatto che l'Occidente considera Putin un pazzo o un maniaco, Carnelos risponde: “È un tipico atteggiamento occidentale: chi non la pensa in un determinato modo, o ha altre categorie mentali, viene marchiato... E poi ci sono schematismi tipicamente occidentali, fondati su valori diversi: “Quello è un dittatore”, “in quel paese manca la libertà”, o cose del genere. Saranno anche assunzioni veritiere ma vanno contestualizzate, inserite in un disegno storico più ampio. Ad esempio, è difficile comprendere l’autocrazia di Putin se non si considera che la Russia non ha praticamente mai conosciuto la democrazia. La norma nella cultura politica russa è l’autoritarismo. Ma se guardiamo gli ultimi vent’anni anche noi in Occidente abbiamo qualche problema con l’esercizio della forza e la gestione del dissenso. Basti pensare a come sono stati talvolta repressi i “gilet gialli” in Francia. La brutalità, spesso gratuita, della polizia americana, sovente in assetto anti-sommossa, è documentata dai migliaia di fatti di cronaca”.

Sorrido quando scopro che qualcuno la pensa come me sulla guerra: “La complessità del mondo – dice l’esperto italiano - non può essere ricondotta a uno schema mentale binario e manicheo di buoni-cattivi... La vicenda Ucraina non si può ridurre alle vicende iniziate il 24 febbraio 2022. Bisogna tornare al 3 ottobre 1990, giorno della riunificazione della Germania, e provare a capire come si sono sviluppati gli eventi da allora”. Quali le conclusioni e quale il futuro dell’Ucraina: “È probabile – risponde l’ex Ambasciatore ed esperto in questioni russe - che l’Ucraina diventi uno stato a sovranità limitata, purtroppo, per salvaguardare la sua popolazione e le sue infrastrutture risparmiandogli ulteriori sofferenze e distruzioni. Come d’altronde sono, per certi versi (inutile che ce lo nascondiamo) l’Italia e altri paesi europei. Putin ha sollevato il problema ucraino da quasi un ventennio, ma tutti se ne sono infischiati...".

"La prepotenza russa é una prepotenza che, nel corso degli ultimi trent'anni, si è alimentata per tutta una serie di omissioni che forse andavano messe sul tavolo e risolte. Ma la “prepotenza” in politica internazionale ricorre costantemente. Penso agli Stati Uniti: in 250 anni di storia hanno fatto guerre ovunque... Dal 2001, si stima, che le guerre americane in Medio Oriente e Afghanistan abbiano provocato quasi un milione di morti e 38 milioni di profughi. Senza contare le conseguenze politiche e gli ottomila miliardi di dollari spesi. Magari parliamone”. Le parole di Carnelos invitano a riflessioni piú caute e meno manichee sul conflitto, e dal canto mio la sua visione equilibrata mi rasserena non poco. Penso anche, come dice un mio caro amico, anche lui ex Ambasciatore d’Italia, che la politica estera dovrebbe essere affidata a diplomatici esperti e non ai politici...

JUAN RASO