Franco Esposito

Gran bazar dell'illegalità. Dove e come? Udite udite, al carcere di Secondigliano, Napoli. La droga nel centro penitenziario, arrestati quattro agenti. Prendevano quattromila euro per spostare i detenuti dove essi preferivano stare per continuare i loro loschi traffici. O per esercitare il potere del comando pur essendo rinchiusi in galera. Più oneroso il prezzo dello spostamento dei detenuti: chiesti da un ispettore 4.000 euro per consentire ad affiliati dello stesso clan di stare insieme. 

Il blitz della Procura ha prodotto venti ordinanze di custodia cautelare. La droga trovata persino nella carne al ragù di un carcerato. Senza poi contare sul metodo ingegnoso per farla entrare in carcere. Pezzi di hashish nei preservativi e inseriti in bottiglie di bagnoschiuma che un agente delle polizia penitenziaria nascondeva nelle maniche del giubbotto di ordinanza. 

Droga a strafottere, tagliata addirittura nelle celle. Le donne in libertà dei boss ad industriarsi nei ruoli di messaggere e postine. Il giudice Isabella Iaselli ha firmato ed eseguito ventotto ordini di arresti, su richiesta dei pm Luigi Landolfi e Simona Rossi. Nel carcere di Secondigliano spacciava droga un'organizzazione di camorristi e agenti di polizia penitenziaria. 

Quattro agenti coinvolti, finiti in carcere: Salvatore Mavilla, agente in pensione, ai domiciliari, Mario Fabozzi, Francesco Gigante, Giuseppe Tucci. Nell'indagine figurano esponenti dei clan camorristici noti a Napoli, dai Sibilio ai Mazzarella, i D'Elia, i Vigilia di Soccavo. L'arco della camorra rappresentato quasi nella sua interezza napoletana all'interno del carcere. 

Il tariffario imposto è venuto dai racconti di una decina di collaboratori di giustizia. Volgarmente definiti pentiti. Quattrocento euro per un pacchetto di hashish, 300 per un telefonino, 200 per un profumo. Soldi ma anche tute firmate, scarpe da ginnastica, assunzioni. Scrive il giudice Iaselli: "é doloroso constatare che il carcere diventi un luogo in cui riproporre il medesimo stile di vita per il quale si è detenuti. Ma ciò è possibile, ed è questa a nota più avvilente, grazie ad alcuni agenti che con la loro condotta mettono a rischio anche i colleghi che operano con  impegno e che potrebbero respirare un'aria migliore se ognuno facesse il proprio dovere". 

La nota del giudice come fotografia della situazione. L'immagine reale, non distorta, dell'andazzo scandaloso posto in essere da un gruppo di camorristi e agenti di polizia penitenziaria all'interno del carcere di Secondigliano. D'intesa con il ministro Cartabia, il Dap ha espresso sdegno e ferma condanna verso chi "non rispetta i valori e la dignità dell'uniforme che indossa. Stavolta chi dovrebbe garantire legalità e sicurezza l'ha fatta veramente grossa. 

Viene definito "inquietante quello che succede in un luogo di detenzione e di sicurezza: "telefoni vietati e nascosti sotto la tazza del water smontata con una chiave da 10". La droga calata attraverso un paniere. La cucina del carcere trasformata per "occultare panetti di hashish quando erano programmate le perquisizioni presso le celle". 

Soprannominato Mandrillo perchè "amante del sesso a pagamento". Salvatore Mavilla era l'elemento centrale dell'ignobile business. "Ogni settimana avvenivano generalmente due consegne, ciascuna di tre-quattro panetti di hashish ogni volta. I fumo era venduto a prezzi maggiori rispetto a quelli di mercato. Un panetto di cento grammi diviso in 11/12 pezzi e ogni pezzo venduto a 100 euro".  Centrale anche il ruolo delle donne. Lisa, la compagna di Angelo Marasco, titolare di una piazza d spaccio a Soccavo, si incaricava di ricevere il fumo, poi avvisava Marasco telefonandogli sul cellulare in carcere. 

I detenuti Marfella e Vigilia passavano il messaggio all'agente penitenziario. Questi il giorno prima della consegna incontrava Lisa fuori del carcere e riceveva i pacchetti con l'hashish e i telefonini. "Emerge un raffinato sistema", si legge nell'ordinanza. "L'agente coinvolto non viene incaricato di acquistare lo stupefacente e non ha contatti telefonici. "Abbiamo davanti un'associazione radicata che si rigenera di continuo. Anche perchè non tutti sono stati identificati e, soprattutto, non risultano individuati tutti gli agenti coinvolti". 

Ni colloqui intercettati, i telefonini diventano scarpe. £Le due paia di scarpe che ti ho dato, sono complete". Il riferimento era ai cellulari dotati di schede Sim. I telefoni servono appunto a controllare le piazze di spaccio. E la compagna di Marasco, indignata, chiama il marito perchè non riceve i proventi dell'illecita attività da lei svolta. 

E quando in carcere entra il proprietario della ditta Jambo, un ispettore gli procura cibo e gli consente improbabili incontri "con imprenditori non autorizzati in cambio di persone raccomandate dall'ispettore e fatte assumere alla Jambo". 

Che giri sporchi, ragazzi. Delinquenza sfusa e a pacchetti. La Procura intende fare pulizia totale all'interno del carcere di Secondigliano.