Marcell Jacobs (foto: @m.iacobucci.tiscali.it - Depositphotos)

Tre esempi, un unico credo: non mollare mai. Tre personaggi cari al cuore degli  italiani. Ecco perché.

MARCELL JACOBS (Atletica) – Tenace, perfezionista, umile. Dà sempre il massimo quando conta. Lo dicono tutti: può migliorarsi ancora. I trionfi olimpici, l’oro recente  sui 60 ai Mondiali di Belgrado, il record europeo limato di un centesimo dopo 13 anni, certificano la voglia di crescere ancora.

Ora punta ai 100 iridati e continentali. Può diventare il primo velocista della storia a detenere tutti e cinque gli ori globali. È già al lavoro con il suo allenatore Paolo Camossi.

Sì, può farcela. Lo dicono tutti: sui 100 vale il tempo incredibile di 9”70. Cioè meglio dei miti Coleman (9”76), di Powel (9”72), di Greene (9”79), di Gatlin (9”74), i quattro sprinter che lo precedono nella accoppiata (di sempre) 60/100. Lo spingono  la freddezza, la volontà,  Il talento dei più grandi. E la voglia dì lavorare. Un esempio di fede incrollabile.

SOFIA GOGGIA (sci alpino) – Altro esempio (monumentale) di tenacia; di fermezza, di perseveranza nei propositi e nella azione. Ai limiti della caponaggine, della indocilità.

Pura irriducibilità, cristallina pervicacia. Ha rischiato di non partecipare alle Olimpiadi invernali di Pechino in seguito ad una tremenda caduta sulla pista di Cortina, pochi giorni prima di volare in Cina. Addio Olimpiadi?

Macché. Si è rimessa in piedi contro ogni pronostico, ha messo alla frusta fisioterapisti e dintorni, ha sofferto, ha lottato. Ce l’ha fatta. È andata a Pechino in condizioni non ottimali e ha centrato l’impresa: una discesa d’argento. Poi è rientrata ed ha completato il giro vincendo il suo terzo titolo mondiale di velocità alla faccia di un crociato attaccato al 50%. Stagione archiviata con sei trionfi e 40 podi. La Sofia post infortunio è tornata. Occhio, sta già pensando a Cortina 2026.

ANGE CAPUOZZO (rugby) – Lo scugnizzo della Nazionale  è l’ultima magia dello sport. Una favola moderna. Un folletto geniale che ha portato una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni.

L’Italrugby aveva collezionato 36 sconfitte consecutive nel prestigioso torneo Sei Nazioni . Sette anni a secco. A sorpresa l’allenatore manda in campo contro il Galles campione in carica – nella bolgia dantesca di Cardiff – Angelino, papà napoletano e mamma del Madagascar.

Un ragazzino di 22 anni e 70 kg. Un fisico da ballerino contro i Maciste padroni di casa, tutto muscoli ed esperienza. All’ultimo minuto scatta il Capuozzo show. Parte in slalom, spacca in due la granitica difesa del Galles, si beve l’ultimo Ercole con una finta di corpo, lo attira alla bandierina per dare spazio al compagno Padovani che lo seguiva in fiducia. Gli passa l’ovale con una invenzione psichedelica, e Edoardo va in meta.

Poi Garbisi la mette tra i pali come sapeva fare Baggio o Del Piero e l’Italia conquista una storica vittoria che, tra l’altro, evita l’onta del “cucchiaio di legno “. Capuozzo ha dimostrato che il rugby non è soltanto forza e muscoli ma, soprattutto, intelligenza, genio, fantasia, coraggio. E la regola principale – vale per il rugby, vale per la vita – è “cadere e rialzarsi”. Perché  cadere non è un fallimento; il fallimento è restare dove si è caduti.