La guerra in Ucraina “o provocata o non impedita”. Forse anche per l’interesse di “testare e vendere armi”. E poi attenzione a ridurre la complessità alla distinzione tra buoni e cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono complessi. Papa Francesco, in un colloquio con i direttori delle riviste europee dei gesuiti pubblicato ieri da Civiltà Cattolica. “Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio”, ha raccontato Bergoglio.

“Dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro’. Ha concluso: ‘La situazione potrebbe portare alla guerra’. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo".”. Alla precisa domanda su quali siano i giusti consigli per comunicare alla gente quello che stiamo vivendo e come si possa fare ad avere un futuro di pace, il Santo Padre ha risposto che bisogna allontanarsi “dal normale schema di 'Cappuccetto rosso': Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo, qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro”, riferendosi, con questa metafora, ai protagonisti del conflitto: da un lato c'è Putin, dall'altro l'Ucraina, ma soprattutto la Nato che rifornisce Kiev di armi per vincere il comune nemico.

Prima che il giornalista potesse domandargli a cosa si stesse riferendo, Papa Bergoglio ha intuito che le sue parole andavano spiegate in maniera chiara ed esaustiva più che altro per non dare adito a fraintendimenti. “Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere”, specifica chiaramente Sua Santità. “Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli. Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill. Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non venisse frainteso. Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakistan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore”.