DI MATTEO FORCINITI

A un anno di distanza dall’implementazione del nuovo sistema on line degli appuntamenti, la situazione dei servizi consolari in Uruguay continua a far discutere. Tantissime sono le voci critiche che si stanno sollevando, specialmente per quanto riguarda le difficoltà per ottenere un turno per l’ufficio cittadinanza.

Il problema continua ad essere sempre quello dell’alta domanda dei servizi di fronte a un organico insufficiente. Alessandra Crugnola, capo della cancelleria consolare di Montevideo, è intervenuta sabato mattina al programma radiofonico “Italia per tutti” curato dal consigliere del Comites Alessandro Maggi fornendo alcuni dati. Sono circa 134mila i cittadini italiani residenti nel paese, un dato che continua a crescere sempre di più. A fronte di questo numero ci sono 20 persone che lavorano all’interno della cancelleria che a breve avrà un nuovo edificio, la palazzina appena costruita costata quasi circa 2 milioni di euro: con questa mega spesa i servizi miglioreranno o resteranno uguali?

Il vero problema, come ha ammesso la Crugnola, è la mancanza di personale, una questione che si trascina da tanti anni e che vede Montevideo come sede disagiata e penalizzata dalle scelte del Ministero degli Esteri: due posti, da Roma, sono in attesa di essere coperti e inoltre a breve dovrebbe esserci l’apertura di un posto come contrattista locale. Basteranno questi innesti (sempre e quando arriveranno) a migliorare la situazione?

Difficile crederlo anche e soprattutto alla luce dei dati allarmanti che riguardano il servizio di cittadinanza. Prima della pandemia erano 50 gli appuntamenti che venivano concessi settimanalmente in totale, divisi tra il martedì e il giovedì. Oggi invece questo numero si è ridotto a 10. Il motivo, come ha spiegato la responsabile, è il riconoscimento della cittadinanza materna per via giudiziariauna pratica che sta diventando sempre più diffusa come hanno spiegato recentemente  gli avvocati Arturo Salerni e Mario Angelelli dell’associazione Progetto Diritti in visita in Uruguay. Il tutto parte da una assurda discriminazione imposta dall’Italia: per i discendenti di donne italiane emigrate nati prima del 1° gennaio del 1948 l’unica via percorribile per vedersi riconosciuto questo diritto è l’azione giudiziaria da intraprendere in Italia come riconosciuto dalla Corte Costituzionale nel 2009 e mai regolamentato dalla politica.

228 sono le pratiche già concluse al momento a Montevideo, 168 quelle in tramite. Ovviamente, queste pratiche richiedono grande lavoro e hanno la priorità dato che devono essere risolte entro una scadenza di tempo stabilita da una sentenza. E tutte le altre pratiche? Chi non sborsa migliaia di euro per avviare un processo resta nel limbo dell’attesa sperando di riuscire a ottenere una data dal sistema on line. 

Un’altra novità annunciata dal capo della cancelleria consolare è un servizio di call center che è attivo dalle 14 alle 16 da lunedì a giovedì e che si cercherà di ampliare in futuro. Si tratta in realtà di una sorta di continuazione dello sportello informativo recentemente chiuso.

“In Uruguay c’è un grosso problema politico che dipende dal Ministero degli Esteri, la sede bellissima nuova non servirà a niente se il personale non aumenta” sostiene Alessandro Maggi, consigliere del Comites e responsabile della sede di Colonia del patronato Inas.

“Quotidianamente, tutti noi patronati assistiamo alle continue lamentele delle persone stufe di non riuscire a ottenere un appuntamento on line. Dopo un anno dal nuovo sistema di prenotazione i problemi restano uguali e continuano a proliferare gli intermediari, le imprese che lucrano sui diritti degli italiani. Tutto questo è inaccettabile, bisogna riconoscere chiaramente che oggi lo stato dei servizi consolari in Uruguay è disastroso al di là della buona volontà dei funzionari che fanno il possibile. Dove sono i 300 euro della tassa della cittadinanza che avevano promesso di investire nel personale?”. “Quello che preoccupa di più” -prosegue Maggi- “è il servizio di cittadinanza, siamo tornati ai livelli del 2018-2019. Noi lo vediamo quotidianamente parlando con la gente. Negli ultimi tempi molte persone in Uruguay stanno cercando di chiedere la cittadinanza e questo fa sì che la domanda sia molto superiore alla capacità che la sede può offrire. I motivi di questo aumento sono diversi, può essere per lavoro o per cercare di evitare il nuovo sistema di visto di ingresso deciso dall’Europa. Dobbiamo sempre ricordarci che il 40% della popolazione qui ha origini italiane”. “Bisogna fare qualcosa e organizzarsi” ripete il rappresentante di origine lombarda. “Dato che il Comites non fa nulla e cercherà solo di farsi le foto al momento dell’inaugurazione della nuova sede per strumentalizzarla, allora dobbiamo essere noi a cercare di fare qualcosa e far sentire la voce degli italiani residenti in Uruguay che sono stanchi di questa situazione”.