di James Hansen

Si è scritto - e anche letto - fin troppo della "Great Resignation", la forte e sorprendente epidemia delle dimissioni nelle aziende anglosassoni da parte dei dipendenti che vogliono andarsene per seguire i propri sogni - o almeno per guadagnare di più, due cose che a volte coincidono...

Il fenomeno è assolutamente reale, e prosegue, per quanto non faccia più notizia. C'è però un'inaspettata novità: anche i capi, tanti, vogliono andarsene. Un approfondito sondaggio fatto dalla Deloitte su 1.050 dirigenti di prima linea negli Usa, nel Regno Unito, in Canada e in Australia ha rilevato che, di questi "senior executives", quasi il 70 percento starebbe prendendo "seriamente in considerazione" l'ipotesi di lasciare la propria posizione per cercare un maggiore "well-being", il 'benessere personale'. Uno spettacolare 81% è arrivato a dichiarare che, in questo momento, "ritrovare il proprio equilibrio" è più importante che "cercare ulteriori scatti di carriera"...

Più dei tre quarti degli alti dirigenti interpellati (il 76%) ha infatti risposto che il passaggio della pandemia ha avuto l'effetto di peggiorare la qualità di vita e lo stato di salute.  Il 36% si è dichiarato ''esaurito", il 41% "stressato" e il 35% "sopraffatto".  È interessante e forse utile sapere che questi esiti rispecchiano da vicino quelli ottenuti da un simile sondaggio condotto su un campione di pari dimensioni tra i loro dipendenti, ma, mentre il 70% dei dirigenti medita di mollare, i loro dipendenti sono più cauti: 'solo' il 57% ammette di essere 'stufo' al punto di volersene andare.

È probabile che il messaggio in tutto questo sia che anche i dirigenti di prima linea sono degli esseri umani - anche se a volte non sembra... Sono stanchi, oberati dal lavoro e 'bruciati', forse più ancora dei propri dipendenti. Ed è anche vero - per quanto forse ci dispiaccia ammetterlo - che in non pochi casi i capi lavorano come delle bestie, e senza la 'protezione' di un orario prestabilito... Sorprenderà, ma un recente sondaggio LinkedIn negli Usa ha rilevato che tra i manager di medio e medio-alto livello - gli aspiranti 'grandi capi' - il sostegno all'idea della settimana 'corta' di quattro giorni è più forte che tra gli impiegati semplici.