DI CLAUDIO PAUDICE

 

"In Francia, dove insegno, esiste una legge che si può tradurre in italiano come l'obbligo del sapiente: stabilisce che se un esperto è a conoscenza di gravi criticità legate a un progetto e le tace, può essere perseguito a livello legale se l'opera fallisce. Qui in Italia una legge simile non c'è ma io la applico ugualmente a me stesso perché sono genovese, ho una coscienza e un'etica professionale". A parlare è Piero Silva, professore associato all'ESITC di Caen, in Normandia, con 41 anni di esperienza nella progettazione e pianificazione di opere marittime e portuali, di cui 26 come direttore dei progetti nella maggiore società di ingegneria idraulica e marittima francese, Artelia. Vale la pena indugiare sul curriculum di Silva perché ad aprile scorso si è dimesso dal ruolo di direttore tecnico del Project Management Consulting della Diga Foranea di Genova, l'opera pubblica più costosa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo Draghi. Un'uscita che ha fatto rumore. Ha lavorato in 40 paesi e partecipato, in grande maggioranza in qualità di direttore di progetto, a 18 progetti – tutti coronati da successo - di porti oggi realizzati e operativi di ogni tipologia (container, rinfuse, multipurpose, ro-ro eccetera): in India, Pakistan, Iran, Libano, Yemen, Francia, Egitto, Libia, Tanger Med I e II in Marocco, Camerun e Repubblica Dominicana. Silva ha dovuto rinunciare all'incarico ricevuto dal Rina, la multinazionale basata a Genova leader nel campo della consulenza ingegneristica e navale, per l'insanabile differenza di vedute con il sindaco di Genova Marco Bucci e il commissario della Diga e presidente dell'Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. "Non mi illudo da solo di riuscire a cambiare un progetto che ha dietro una lobby fortissima, ma voglio avere la coscienza tranquilla di dire le cose come stanno. Non ho alcun interesse o meglio ce l'ho in negativo: ho perso un contratto col Rina che per un freelance come me era a dir poco importante. Ma non ho avuto altra scelta che dimettermi".

Professor Silva, la gara per la prima fase della Diga di Genova, valore 929 milioni di euro, è andata deserta. La cifra non è indifferente ma è stata giudicata insufficiente dalle aziende sondate dalle autorità genovesi a causa dei rincari delle materie prime. Comune, Regione e autorità portuale sono state prese alla sprovvista dalla mancanza di offerte, eppure c'era chi l'aveva previsto: lei. Era un esito prevedibile?

La gara deserta è stata preceduta da una non manifestazione di interesse dei più grandi costruttori internazionali: i francesi, i cinesi, i turchi non si sono fatti vivi. Con alcuni di loro, che conosco, ho parlato poche settimane fa e mi hanno detto: 'Abbiamo studiato il dossier e ci siamo detti: questa è roba da italiani'. Altri hanno contestato il ricorso a tecniche di costruzione per nulla moderne e mai sperimentate in un contesto come quello previsto dal progetto di Genova. Questo per dire che prima che la gara andasse deserta, una decina di contractor internazionali non si sono nemmeno presentati. Già questo avrebbe dovuto dire qualcosa.

Cosa?

Siamo davanti a un'opera costosissima, lunghissima, faraonica e fuori da ogni standard. Parliamo di 4,4 chilometri di diga costruita a profondità mai testate prima per una struttura di queste dimensioni e con le tecniche di costruzione scelte: a -50 metri di profondità, con l'impiego di undici milioni di tonnellate di rocce di cava (per il Tanger Med I e II i marocchini si sono limitati al massimo a due milioni di tonnellate), per giunta su uno strato di limo argilloso di 15 o 20 metri di consistenza nulla, da consolidare con una rete di colonne ballastate (cioè zavorrate) mai impiegate a tali profondità e senza nessuna garanzia che non cedano, data l'inconsistenza del fondale.

Al mondo però esistono dighe a profondità elevate.

Certamente ma non come quella di cui stiamo parlando. Non si usano, come vogliono fare a Genova, le soluzioni convenzionali. Altrove, oltre i 40 metri di profondità, da circa trent'anni si utilizzano tecniche innovative come fatto a Monaco o in Senegal: quando è corta, si fa ricorso a una diga galleggiante, altrimenti si ricorre a piloni o jacket. Ce ne sono diverse. Ma la cosiddetta innovazione sbandierata dalle autorità genovesi è, in questo caso, pari a zero. Quarant'anni di ricerca per ridurre lo sforzo del cassone e imbasamenti eccessivi di rocce sono stati semplicemente e totalmente ignorati.

La gara è andata ormai deserta e a Genova stanno cercando una soluzione per non fermare l'opera simbolo del Pnrr. Si stima che verrà comunque completata in soli quattro anni. È un orizzonte plausibile? Il presidente di Confindustria Bonomi ha già chiesto due anni in più.

Ho valutato tempi di costruzione non inferiori ai 15 anni, contro i quattro prescritti dal progetto e dal Pnrr, e un costo di almeno 1,7 mld, contro 1,3 miliardi da progetto, ma prima della guerra e dell'impatto dei rincari. I tempi insomma saranno superiori di almeno tre volte a quelli ridicolmente corti indicati dall'autorità portuale. I costi, almeno due volte. Da direttore Pmc del Rina avevo proposto una modifica progettuale per ridurre entrambi ma ci è stato risposto che il progetto era intoccabile, perché la lunghezza della diga era stata studiata con molta cura per la navigazione e l'agitazione ondosa.

Ora però l'autorità portuale sta valutando di accorciare la diga di 200-300 metri per convincere i costruttori a prendere parte al progetto.

Mi pare ridicolo e irresponsabile che dopo la gara deserta il Commissario pensi di sforbiciarla senza nessuno studio. Prima la lunghezza era intoccabile, ora non più altrimenti le aziende non si fanno vive. E quindi si pensa di accorciarla di duecento metri e di spendere 500 milioni in più, come niente fosse. Mi pare di una responsabilità inaccettabile a questi livelli per una autorità portuale. Perché il problema grosso è la sottovalutazione smaccata dei costi fatta a livello di progettazione.

Prima di parlare dei costi e dei benefici, restiamo sulle criticità tecniche. 

Oltre a essere costosissimo si tratta di un progetto seriamente a rischio di fattibilità da un punto di vista geotecnico. Sotto i 50 metri c'è uno strato di altri 15-20 metri di limo argilloso sul quale è impossibile pensare di fondare una diga di queste dimensioni. Il metodo scelto di stabilizzazione viene impiegato su superfici di profondità modeste. Mai prima d'ora si sono utilizzate le colonne zavorrate così in profondità e molti tecnici ed esperti di fama internazionale da me consultati confermano che non è fattibile. Non si può controllare la stabilità da un punto di vista subacqueo.

Non esistono alternative?

In teoria si potrebbe dragare l'argilla e sostituirla con altre rocce di cava ma si creerebbe un problema ambientale di dimensioni enormi. In Marocco avevano un progetto simile, però a -20 metri di profondità. L'impresa costruttrice si rifiutò di ricorrere alle colonne ballastate.

Come hanno risolto?

Hanno dragato il fondale dall'argilla e l'hanno versata al largo. Ma è chiaro che lì in Marocco non c'è una sensibilità ambientale come da noi, oltre al fatto che per Genova vorrebbe dire altri 20 milioni di tonnellate di roccia di cava in più. È impensabile. La Valutazione di impatto ambientale comunque ha già escluso questa ipotesi.

Ci sono esperienze che possano dimostrare quanto da lei sostenuto?

La diga Kamaishi in Giappone è la sola più profonda ma più corta di quella di Genova. Sa quanti anni ci hanno messo i giapponesi a finirla? Trenta. L'hanno iniziata nel 1978 e l'hanno conclusa nel 2008. All'epoca non c'erano le tecnologie innovative di cui disponiamo oggi. Questo dimostra quali sono le difficoltà nell'avere un contributo di rocce di cava così importante. Dire che l'opera genovese può essere completata nel 2038 vuol dire essere ottimisti.

E i giapponesi non hanno certo la fama di essere lenti nelle costruzioni di opere. Altri esempi?

L'ultima diga a cassoni costruita è la Tortue Lng e si trova in Senegal, tra i 35 e i 40 metri di profondità. Ma di lunghezza è 1,1 chilometri, un quarto di quella di Genova. E ci hanno impiegato comunque quattro anni per finirla. Eppure non sono mancate le difficoltà. In sede di valutazione di impatto ambientale, l'associazione dei pescatori si era allertata per le ripercussioni sulla torbidità dell'acqua. Questo accade quando si gettano in mare le rocce di cava per l'imbasamento, dalle quali si stacca sempre un 10% circa di frazione fine. Loro erano naturalmente preoccupati per i danni alla pesca. Hanno ottenuto che venisse praticato il lavaggio delle rocce, riducendo quasi del tutto la quantità di polveri che finiscono in mare.

A Genova si può fare?

Il progetto non lo prevede. D'altronde ha idea dello spazio che ci vorrebbe per un'operazione del genere? In Senegal per lavare solo due milioni di tonnellate di roccia ci sono voluti dieci ettari di spazio, sotto la Lanterna le tonnellate sono undici milioni. Non si può fare. Ma io da genovese vorrei poter continuare a bagnarmi nel mio mare, a Corso Italia. Il progetto è sbagliato in sé, per la profondità, la lunghezza, le tecniche e la configurazione del doppio canale. Ed è inutile.

Si spieghi meglio.

Se si guarda ai problemi di accessibilità nautica che la Diga dovrebbe sanare, consentendo l'accesso delle navi più grandi, vengono risolti per un solo terminal, Calata Bettolo di Msc. Tutti gli altri terminali resteranno tagliati fuori. Sia nel bacino storico sia a Calata Sanità ora possono accedere navi lunghe 350 metri circa. Ma con il nuovo doppio canale previsto dal progetto, non sarà più possibile.

(Ndr: il progetto approvato dall'Autorità portuale prevede lo spostamento in avanti della diga per incrementare il diametro del cerchio di evoluzione delle grandi navi in ingresso verso le banchine. Attualmente il diametro è di circa 500 metri e non consente alle imbarcazioni oltre una certa lunghezza di manovrare in sicurezza). 

Il nuovo cerchio di evoluzione - continua Silva - si sposterebbe oltre Calata Bettolo, verso ovest, e da lì la manovra sarebbe davvero proibitiva se non impossibile: le navi non riuscirebbero a tornare indietro verso est per entrare nel Porto Vecchio o a Calata Sanità. Forse, e ripeto forse, col mare piatto.

A ovest di Calata Bettolo invece? Lì ci sono dei problemi che afferiscono al vicino aeroporto Cristoforo Colombo.

Esatto. Oltre Ponte Etiopia le grandi navi non potrebbero comunque attraccare perché a causa della loro altezza e dell'altezza delle gru sui moli per le attività di carico e scarico dei contenitori andrebbero a interferire con il cono aereo dei velivoli in decollo e atterraggio.

Questo appunto è stato mosso anche dal Direttore Generale dell'Aeroporto, Righi, in sede di discussione pubblica. Per questo il progetto è stato suddiviso in due fasi, la prima appena andata a gara; e la seconda, dai tempi più indefiniti, per consentire l'accesso delle navi oltre Calata Bettolo, ammesso e non concesso che il piano di sviluppo dell'aeroporto venga modificato. Non è avventato spendere oggi una mole così imponente di risorse pubbliche per consentire l'accesso, se tutto va bene, a un solo terminal?

È la prima volta in 40 anni di carriera che vedo un progetto di diga senza un progetto di terminale contenitore dietro. Lo abbiamo fatto per il Tanger Med I nel 2003, per il Tanger Med II nel 2006 e per tanti altri porti. Una diga è sempre associata al terminal contenitori, che a sua volta è associato allo sviluppo di una rete autostradale non congestionata. Il rischio è che la Diga non servirà nemmeno a Calata Bettolo perché Msc non può certo permettersi di aspettare quindici anni per avere un terminal dedicato alle navi da 24mila Teu. Mancano un piano regolatore e una visione portuale. In Marocco, in Guinea e altrove, abbiamo sempre chiesto a tutti i porti di dare i piani regolatori, sono documenti pubblici. Qui a Genova sembrano segreti di Stato.

Di tutto questo ne ha mai parlato con il sindaco Bucci?

Una gran parte di queste critiche le ho fatte il 7 gennaio 2021, il sindaco mi ha ascoltato e finì lì. Poi si aprì la fase della discussione pubblica sull'opera che prevedeva anche sessioni di tipo tecnico. Chiesi al sindaco di essere invitato a partecipare e mi è stato negato. Forse se ne sarà dimenticato, fatto sta che non ho partecipato a nessuna delle sessioni tecniche. L'ho rivisto ad aprile scorso presentadogli una proposta alternativa, meno costosa e fattibile in molti meno anni messa a punto da me in un anno di lavoro e alla quale ho lavorato a mie spese. Ma mi rispose che l'opera era intoccabile.

Cosa prevede la sua proposta?

Prima di tutto di restare entro i -30 metri di profondità, non oltre. Solo a questo livello si ha una garanzia di fattibilità tecnica. Invece del doppio canale, poi, ho proposto un canale unico. Le tonnellate di roccia necessarie sarebbero tre milioni, non undici, meno di un terzo. L'idea sarebbe coerente con il corretto utilizzo dei fondi europei. E i tempi di costruzione sarebbero la metà.

Quali vantaggi avrebbe?

L'accesso per le navi anche di 300 metri a est di Calata Bettolo, quindi a Calata Sanità e al Porto Vecchio, comprese le navi da crociera di maggiori dimensioni. Si creerebbe lo spazio per realizzare un sito per la cantieristica per gli yacht. Si avrebbe un canale separato per il diporto. Infine la possibilità di realizzare un terminal rinfuse liquide all'interno della diga, ad esempio di gas naturale liquefatto. E un'area di stoccaggio sempre lungo la diga per depositi di prodotti chimici.

Messa così, il progetto approvato dalle autorità sembra a dir poco avventato. 

Con una diga profonda cinquanta metri poggiata su quindici metri di fango molle il rischio è che affondino le rocce, trascinandosi in un pozzo senza fondo anche i soldi dei contribuenti.