DI MASSIMO TEODORI

Molti si sono meravigliati delle perplessità di Carlo Calenda se presentare una lista autonoma oppure stringere un accordo di coalizione con il Partito Democratico. Perplessità poi dipanate con il patto elettorale di ieri pomeriggio.  La questione, ancor più di essere politica, sottende dilemmi tecnici di grande rilevanza ben nascosti nelle assurdità di una legge elettorale che sembra fatta apposta per distorcere la volontà dell'elettore.

I dubbi di Calenda hanno la radice nell'autoritarismo del sistema elettorale – il cosiddetto Rosatellum ideato dalla mente elettoralmente perversa dell'onorevole Ettore Rosato - che sembra fatto apposta per ingannare i cittadini e oscurare la chiarezza del voto.

Sono 400 i deputati da eleggere il 25 settembre, 245 in piccoli collegi "plurinominali" con listini fissi, 147 in collegi "uninominali" a candidato unico, e 8 nelle circoscrizioni estere. Il nuovo Senato ha 200 membri eletti con lo stesso duplice sistema della Camera. Ovunque il rapporto tra gli elettori e coloro che sono eletti è oscuro, e l'elezione di deputati e senatori viene fuori dopo aver superato una serie di inganni che qui enumero con un linguaggio non gergale.

Primo: il voto è forzato in quanto non può essere disgiunto tra uninominale e plurinominale. Il voto a un candidato nel collegio uninominale è automaticamente trasferito alle liste che lo sostengono anche se l'elettore è di volontà contraria, e viceversa dal listino al candidato uninominale. Non è ammesso il voto disgiunto. Io che a sinistra metto una croce solo sul candidato di centrosinistra uninominale a Roma 1, voto anche per tutte le liste coalizzate che sostengono il PD siano esse quelle di Fratoianni e di Di Maio. Viceversa, se a destra voto solo Tajani nella la lista proporzionale di Forza Italia, il voto va a finire anche al candidato uninominale collegato in quel collegio magari con simpatie per Casa Pound.

Secondo: non si possono presentare liste al proporzionale se non si presentano candidati corrispondenti all'uninominale e viceversa. Ciò significa che l'elettore è obbligato nel caso della coalizione a votare per chi non sceglie.

Terzo: alcune liste hanno più diritti di rappresentanza di altre. Le liste non coalizzate possono avere eletti solo se nazionalmente superano la soglia del 3%; le liste coalizzate, invece, hanno diritto ad avere eletti se superano l'1% e fanno parte di una coalizione che supera il 10%. Ammettiamo che vi sia una lista D'Incà che prende in Italia 300.000 voti, cioè circa l'1,1% del totale ed è in coalizione con il PD, potrà avere degli eletti. Ammettiamo che la lista Renzi non coalizzata prenda 850.000 voti, circa il 2,8%, per la legge non avrà alcun eletto. Come nella orwelliana "Fattoria degli animali" c'è sempre qualcuno che è più eguale degli altri.

Quarto: I candidati che controllano la formazione delle liste in partiti piccoli o grandi possono vedere il loro nome strategicamente collocato in sei schede diverse di luoghi diversi: in una uninominale e in cinque proporzionali al n.1 del listino bloccato. Il meccanismo perverso può riguardare tutti i candidati ma sarà usato soprattutto da chi controlla la situazione per avere certezza di elezione. Se sono il capo della lista, diciamo "canguro", e prendo nazionalmente l'1,4 dei voti facendo parte di una grossa coalizione a destra come a sinistra la mia elezione sarà sicura perché bocciato all'uninominale e come n.1 di quattro listini a Milano, Palermo, Aquila e Reggio Calabria, passo sicuramente come n.1 del listino di Genova per qualche gioco di algoritmo.

Quinto: Una volta determinato nazionalmente il numero dei seggi spettanti alla lista e alla coalizione, non vale la legge che chi è più votato viene eletto, ma si assegna la scelta a un infernale algoritmo che è una specie di gioco dell'oca per stabilire da quale collegio plurinominale deve essere estratto l'eletto. Neppure il più dotato matematico riesce a spiegare con semplicità il meccanismo.

Si potrebbe continuare a svelare gli arcana electoralia, ma è meglio trarre qualche conclusione. La legge con cui voteremo il 25 settembre è in assoluto la più ingannevole mai posta in essere nella storia dell'ultimo secolo nelle democrazie occidentali. La famigerata "legge Acerbo" del 1924, al confronto, era un gioiello di trasparenza. Il carattere peculiare del Rosatellum è l'autoritarismo nel senso che c'è qualcuno che decide prima del voto chi assolutamente deve essere eletto e chi no.

La mente perversa che l'ha ideata ha fatto un servizio al partito che allora l'ha voluta (PD) con la complicità di tutti gli altri (Lega, Forza Italia, Alleanza popolare... ) che hanno visto nel meccanismo truffaldino la convenienza di chi controlla la formazione delle liste. Il meccanismo escludeva (ed esclude) la chiarezza delle liste proporzionali di partito con preferenza che ha retto per sessant'anni il voto nella "prima Repubblica" e la logica dell'uninominale che esalta la governabilità e il valore della persona sul partito. Nel 1993 il Mattarellum è stato un buon mix dei due sistemi.

Ora siamo non alla "terza Repubblica" ma al basso impero. La chiarezza del sistema elettorale non è questione di esperti: è l'onesto percorso di quella politica che stabilisce un chiaro rapporto con i cittadini e non vuole finire soffocata dai suoi stessi inganni.