di Claudio Paudice

 

Uno schiaffo al presidente americano Joe Biden e una mossa preventiva nei confronti dell'Ue nel giorno in cui sigla l'intesa per porre un price cap al greggio di Vladimir Putin. L'organizzazione dei produttori di petrolio guidata da Arabia Saudita e Russia ha preso la decisione che molti temevano, la Casa Bianca più di tutti: un taglio alla produzione di due milioni di barili al giorno. Sono caduti nel vuoto gli sforzi dell'amministrazione Biden per convincere gli alleati arabi a non tagliare l'output di greggio, ed evitare così un nuovo aumento dei prezzi dei carburanti in un momento segnato dall'alta inflazione. Soprattutto, a poche settimane dalle elezioni di midterm in cui il presidente americano si gioca la tenuta della sua maggioranza. Gli Stati Uniti le hanno tentate tutte pur di far scendere il prezzo della benzina che in estate è arrivata a superare i cinque dollari al gallone, una cifra mostruosa per gli automobilisti. La Casa Bianca ha dato fondo alle sue riserve di greggio nel tentativo di far calare l'inflazione energetica e oggi si ritrova con gli stock strategici al livello più basso dal 1984 nell'ultima settimana.

Per giorni, riferisce la Cnn, i principali consiglieri economici e di politica estera del presidente Usa hanno tentato di fare pressioni sugli alleati mediorientali, compresi Kuwait, Arabia Saudita e Emirati arabi, affinché votassero contro il taglio della produzione. Nelle discussioni tra la Casa Bianca e il dipartimento del Tesoro, riferisce la Cnn, la possibilità di un taglio della produzione di petrolio era vista come un "disastro totale", che sarebbe stata accolta come un "atto ostile".  Il presidente Usa è stato tra i primi a commentare la decisione Opec definendola "non necessaria"  ha aggiunto di essere "preoccupato" dal taglio più grande dal 2020, anno della pandemia. Succesivamente a dettagliare meglio è stato la portavoce della Casa Bianca: "È chiaro che con la sua decisione odierna, l'Opec+ si sta allineando con la Russia" e sta "commettendo un errore".

La decisione è stata presa, si legge nel comunicato finale del cartello petrolifero, "alla luce dell'incertezza che circonda le prospettive economiche e del mercato petrolifero globale e della necessità di migliorare le linee guida a lungo termine per il mercato e in linea con l'approccio vincente di essere proattivi". L'Arabia Saudita ha affermato che è dovere dell'organizzazione prepararsi se le autorità occidentali stanno facendo marcia indietro sull'allentamento delle politiche monetarie. Il riferimento è al costante rialzo dei tassi avviato già dalla Fed, seguita di recente anche dalla Banca Centrale Europea. L'obiettivo dell'Opec, ha svelato il ministro nigeriano, è di portare il prezzo del barile intorno ai 90 dollari. Per quanto riguarda le riunioni, quella del Comitato di monitoraggio ministeriale congiunto (JMMC) si terrà ogni due mesi mentre la ministeriale Opec e non Opec (ONOMM) ogni 6 mesi. Il Comitato (JMMC) potrà tenere riunioni aggiuntive o richiedere una riunione ministeriale OPEC e non OPEC in qualsiasi momento per affrontare gli sviluppi del mercato, se necessario.

La prossima riunione si terrà quindi il 4 dicembre, data simbolica visto che il giorno successivo entrerà in vigore l'embargo petrolifero dell'Ue al greggio russo via mare. Chi sperava nella sponda araba per frenare le pressioni di Mosca per tagliare la produzione è rimasto deluso: "Il nostro successo è dato dalla nostra coesione", ha detto il ministro petrolifero saudita. Non solo: "È stato convenuto che l'accordo Opec+ (i Paesi Opec più la Russia, ndr) è stato prorogato fino alla fine del 2023", ha detto il vicepremier di Mosca Novak.  L'intesa è arrivata nel giorno in cui gli sherpa Ue nel corso del Coreper hanno trovato l'intesa sull'ottavo pacchetto di sanzioni che prevede, tra le altre cose, di introdurre il price cap sul petrolio russo. "Il price cap si ritorcerà contro coloro che lo impongono", ha aggiunto Novak. "Noi non venderem petrolio a chi lo adotta.

Anche se ufficialmente è di due milioni di barili al giorno, il taglio effettivo dovrebbe assestarsi intorno al milione perché assorbe la sottoproduzione registrata nelle ultime settimane di quei Paesi che hanno mancato i target. Tuttavia la sensazione degli analisti è che l'Opec e la Russia si stiano preparando all'uscita del greggio russo dal mercato occidentale, con l'intento di tenere elevati  i prezzi dei barili che andranno a rimpiazzarlo. Per Mosca il taglio è solo simbolico a 10,5 milioni di barili, che è sostanzialmente lo stesso livello di produzione attuale a causa della graduale uscita dei clienti europei in larga parte ma non del tutto compensata dagli acquirenti asiatici, in testa India e Cina.

Dopo il maxi-taglio alla produzione, le Borse europee sono scivolate. Milano, che in mattinata era la peggiore, è tornata a perdere il 1,5% con lo spread tra Btp e Bund sopra i 242 punti e il rendimento del decennale italiano al 4,4%. Il Dax 30 di Francoforte ha ceduto l'1,2% a 12.518,28 punti e l'Ibex 35 di Madrid l'1,52% a 7.579,50 punti. In flessione anche il Cac 40 di Parigi, che arretra dello 0,9% a 5.985,46 punti, mentre il Ftse 100 di Londra cede lo 0,47% a 7.052,95 punti.