Antonio Tajani (foto Depositphotos)

Franco Esposito

La squadra dei trombati. Undici i più popolari, qua e là qualcuno addirittura famoso. Come tale, non lo sarà più. Il team di quelli scesi da cavallo. Anzi no, buttati giù dal destriero. Presenti per settimane nel toto ministri, a tutt'oggi si ritrovano fuori dai giochi. Ministri mancati, tout court. Qualche nome? Giulio Tremonti e Maurizio Lupi, il primo non  ha ricevuto incarichi, idem il secondo, nessun posto al Governo.  

Quasi tutti i trombati non l'hanno presa bene. Laddove durante l'intera durata del governo Draghi erano andati d'amore e d'accordo. I rapporti erano buoni e i nemici erano Mara Carfagna, Renato Brunetta, Mariastella Gelmini. I minisri forzisti chiamati direttamente dal premier senza avvisare Berlusconi. Due esempi soltanto, Antonio Tajani e Lucia Ronzulli. Il primo alle prese con gli affari di famiglia; la signora si ritrova ora capogruppo in Senato con un ministero sfumato. Insieme, tutti e due, a rappresentare le correnti di Forza Italia in lotta. Fazioni che si stanno facendo la guerra su ogni nomina. 

Ronzulliano doc, già volto di Mediaset e vice presidente della Camera, Giorgio Mulè rovinosamente ha rivelato due cose: siamo delusi da Giorgia Meloni; Tajani lasci il ruolo di coordinatore del partito. La verità è un'altra e molto profonda: "C'è un ragionamento da fare su Tajani, che al ruolo di coordinatore del partito assomma quelli di ministro e vice premier. Vale lo stesso per la sua vice Bernini". 

Il fatto è che per prenderne il posto c'è una sola candidatura: la Ronzulli. In ambito Forza Italia è opportuno tornare due passi indietro. Lo strappo tra "Licia" e "Antonio" avviene il 27 settembre, a due giorni dal voto. Quando le agenzie di stampa battono questa notizia: "Tajani è in via della Scrofa a colloquio con Giorgia Meloni leader di Fratelli d'Italia". Berlusconi, ad Arcore, quasi gli viene un coccolone. Di quell'inconro non sapeva nulla e nessuno lo aveva autorizzato. Berlusconi e Ronzulli acquisiscono la convinzione che Tajani sia andato a trattare per sé, il dot ut des a dare robustezza e valore finale alla stretta di mano. "Io vado alla Farnesina e Ronzulli resta fuori", avrebbe adottato questo schema di valutazione il saggio Mulè. 

E così andrà, con il passo indietro di Licia a capo di giorni e giorni trascorsi sulla graticola. Un passaggio, questo, che evidenzia la capacità, la voglia, la realizzazione della vendetta di cui sopra. Tajani è accusato di aver lasciato solo in Senato Berlusconi, il giorno dell'investitura di La Russa. Il cavaliere esposto a una figuraccia. 

Fabio Rampelli era accreditato per raccogliere l'eredità di Roberto Cingolani alla Transazione ecologica. Giorgia Meloni ha fatto fuori lui e la transazione ecologica. Il ministero ora chiamato dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica è andato a Gilberto Picchetto. Ha abbozzato Rampelli, alla sua leader ha dedicato parole affrancate da ogni forma di risentimento. "Se siamo arrivati al governo, senza lobby né santi in paradiso, signfiica che Giorgia è imbattibile e che la democrazia italiana in fondo è sana. Chi pensava che si potesse fare di più del solo esistere in Parlamento, e, al massimo, essere trascinati da un Berlusconi qualunque in qualche ministero? 

Tra il rancoroso e il pragmatico Maurizio Lupi. Il suo nome circolava nel toto-ministri, ma il desolante risultato elettorale del suo cartello ha fatto saltare tutto. Lupi è rimasto fuori e non l'ha preaa bene. Ma non ha smesso di battere cassa, non si bene in forza di quale principio. "Mi aspetto una chiamata per ruoli di sottosegretari". 

Delusi e trombati inviano messaggi qua e là passivi e aggressivi. "La politica ha logiche strane, spesso non basate sul merito", così Gian Marco Centinaio nel commiato dal suo ministero. Il leghista ex ministro dell'Agricoltura, ritiene, non senza gocce di polemica, che "chi conosce questo mondo sa che ci sono delle regole e a queste bisogna anche adeguarsi". 

Giulio Terzi di Sant'Agata, già ministro degli Esteri, sembrava destinato al ritorno alla Farnesina. Il pronostico si è rivelato sbagliato. "Mi fa piacere che in tanti lo abbiano pensato, ma io non ho mai ricevuto indicazioni in tal senso". Vero o falso, ha dichiarato di essere entusiasta per chi invece un ministero lo ha avuto. "Questo è un governo di altissimo profilo". 

La maggior parte dei trombati delusi preferisce comunque affidarsi al silenzio. É il caso di Marcello Pera, uomo delle istituzioni e una nomina sfumata nel governo Meloni. I giornalisti lo abbordano e lui scappa via. "Se mi aspettavo di diventare ministro? No, lei non me lo può chiedere, arrivederci". 

Giulia Bongiorno, avvocato di grido, sembrava sicura alla Giustizia. Giorni avanti alle nomine, faceva la brillante con i giornalisti a Montecitorio. "Il totocalcio è più realistico dei totoministri". Rimasta fuori dai giochi della politica, la Buongiorno ha seminato silenzio. Nessuna traccia di lei, sparita da tutti i radar. Introvabile anche sui social. 

Giulio Tremonti aspirava al Ministero dell'economia, ora è in corsa per la presidenza della commissione Bilancio, ben  lieto che l'Economia sia andata a Giorgetti. Giordano Bruni Guerri è stato in corsa per il Ministero della cultura, attribuito poi a Gennaro Sangiuliano. Potrebbe diventare uno dei consiglieri privilegiati del premier nelle questioni che riguardano la Rai. 

Ma avete idea su chi sia stata il ministro più breve della storia della Repubblica? Gloria Saccani Jotti l'aveva nominata Berlusconi il 18 ottobre. "All'Università ci sarà Saccani". Invece non c'è: evidentemente, nessuno aveva informato Giorgia Meloni.