Le nuove Camere a ranghi ridotti, dopo le elezioni del 25 settembre 2022, si sono riunite per la prima volta il 13 ottobre 2022, inaugurando in tal modo la XIX legislatura. Dopo l'elezione dei presidenti di Assemblea, la costituzione degli Uffici di Presidenza e dei gruppi parlamentari, si è svolto velocemente il procedimento di formazione del Governo presieduto da Giorgia Meloni, che ha giurato nelle mani del Capo dello Stato sabato 22 ottobre e ottenuto poi la fiducia delle Camere tra il 25 e il 26 ottobre. Come a ogni nuovo inizio di legislatura, i primi adempimenti delle Camere sono stati svolti nel giro di pochi giorni. Tuttavia, la legislatura che si apre è caratterizzata da alcune rilevanti novità: infatti, si tratta del primo Parlamento dopo la legge cost. n. 1 del 2020, che ha ridotto il numero dei parlamentari, che ora sono 400 alla Camera dei deputati e 200 (più i senatori a vita e di diritto) al Senato della Repubblica.

In vista di tali significative novità, al di là degli adeguamenti strutturali (invero, proprio perché sono stati adeguamenti "minimali", si sono avute desolanti immagini di emicicli mezzi vuoti), il Senato della Repubblica ha approvato, nell'estate del 2022, una notevole riforma del proprio regolamento, a distanza di soli cinque anni dall'ultimo rilevante intervento, che ha insistito soprattutto sull'adeguamento dei quorum, sulle regole per la costituzione dei gruppi parlamentari, sul numero delle commissioni permanenti, nonché su una serie di regole per evitare – o, quantomeno, limitare – il transfughismo parlamentare. La Camera dei deputati, al contrario, non è riuscita ad approvare una simile riforma e, quindi, le due Camere partono con una vistosa asimmetria nei rispettivi regolamenti parlamentari. Asimmetria che, peraltro, si situa proprio in due settori cruciali della dinamica parlamentare: i gruppi e le commissioni, che sono le vere architravi dei lavori dei Parlamenti moderni. 

La (dubbia) tenuta delle norme sulla costituzione dei gruppi parlamentari

Nel 2017 già erano state inserite una serie di norme "anti-transfughismo" ed era stato introdotto – in aggiunta al tradizionale criterio numerico – anche un criterio politico per la costituzione dei gruppi parlamentari. Tuttavia, il criterio introdotto nel 2017 non ha retto ed è stata permessa la costituzione, nel corso della XVIII legislatura, di nuovi soggetti politici (Italia Viva-P.S.I; Europeisti – MAIE – Centro democratico; Insieme per il futuro - Centro Democratico; C.A.L. Costituzione, Ambiente, Lavoro-Idv): le nuove regole parlamentari non sono riuscite, pertanto, a evitare il dispiegarsi e il rinnovarsi del sistema politico e della geografia delle Assemblee, ancora fatta di partiti grandi e piccoli, fratture e scissioni in corso di legislatura, anche a causa del modo in cui è stata attuata la riforma. La riforma del regolamento del Senato del 2022 nasce dall'idea di abbassare i quorum per la costituzione dei gruppi (da 10 a 6 senatori a inizio legislatura, 9 in corso di legislatura), per permettere un'adeguata rappresentanza alle forze politiche in una Assemblea a ranghi ridotti. Tuttavia, la riforma – come quella del 2017 – tenta di raggiungere anche altri obiettivi, come la riduzione della mobilità parlamentare e la frammentarietà del quadro dei gruppi, allineando il diritto parlamentare a quello elettorale. Insomma, si tratta di novità di certo rilevanti per la vita parlamentare, sia ad inizio legislatura sia nel corso della stessa. Eppure, al Senato sono stati costituiti nove gruppi parlamentari (Azione-ItaliaVivaRenewEurope, con 9 componenti; Civici d'Italia - Noi Moderati (UDC - Coraggio Italia - Noi con l'Italia - Italia al Centro) – MAIE, con 6 senatori; Forza Italia - Berlusconi Presidente – PPE, 18; Fratelli d'Italia, 63; Lega Salvini Premier - Partito Sardo d'Azione, 29; MoVimento 5 Stelle, 28; Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista, 38; Per le Autonomie (SVP-Patt, Campobase, Sud Chiama Nord), 7; il gruppo misto, con 7 senatori e, infine, vi è un singolo senatore non appartenente a gruppi). Dunque, 8 gruppi "politici", il gruppo misto e un senatore non iscritto (Rubbia, senatore a vita). Desta particolare perplessità, alla luce delle regole che si sono appena viste, la costituzione del gruppo Civici d'Italia - Noi Moderati (UDC - Coraggio Italia - Noi con l'Italia - Italia al Centro) – MAIE. Anche alla luce delle fibrillazioni che si sono avute nella maggioranza di governo sin dall'elezione del Presidente del Senato, questo gruppo sembra proporsi come "quarta gamba" della stessa maggioranza e come "contenitore" capace di accogliere eventuali senatori in caso di crisi della maggioranza così come attualmente configurata. Noi Moderati è una lista, facente parte della coalizione di centrodestra, che non è arrivata alla soglia dell'1% (conseguendo al Senato lo 0,89% dei voti), ma ha eletto i due senatori Antonio De Poli e Michaela Biancofiore, entrambi all'uninominale. A loro si sono aggiunti tre senatori eletti nelle file di Fratelli d'Italia (Giorgio Salvitti, Giovanna Petrenga, Antonio Guidi) e un eletto all'estero (Mario Alejandro Borghese), arrivando in tal modo alla soglia minima di sei senatori. Il gruppo si è formato grazie al "soccorso" di senatori eletti con un altro partito politico (quello vincitore delle elezioni). Quindi, la costituzione di tale gruppo segna il primo significativo scostamento dai requisiti politici e dal rigore delle riforme del 2017 e del 2022. Certo, il partito si è presentato alle elezioni e quindi non si può considerare un "partito parlamentare". Tuttavia, ha conseguito l'elezione di senatori solo nei collegi uninominali (eletti "di coalizione", perciò, non della lista). Ad ogni modo, i senatori eletti non sarebbero comunque stati sufficienti per la formazione del gruppo. Il prestito di alcuni senatori da parte di altro partito sembra perciò contrastare con lo spirito (e fors'anche con la lettera) della riforma del 2022. Come detto, vi è poi una asimmetria nelle regole che determinano la geografia politica dei due rami del Parlamento. Alla Camera, dove è rimasto vigente, per la costituzione dei gruppi, il solo requisito numerico di 20 deputati, sono stati costituiti nove gruppi parlamentari, sette dei quali hanno raggiunto la soglia numerica (Azione - Italia Viva - Renew Europe, con 21 deputati; Forza Italia - Berlusconi Presidente – PPE, 44; Fratelli D'Italia, 118, Lega - Salvini Premier, 66; Movimento 5 Stelle, 52 e Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista, 69), due che sono stati autorizzati dall'Ufficio di Presidenza della Camera, il 26 ottobre, a norma dell'articolo 14, comma 2, del regolamento (Alleanza Verdi e Sinistra, con 12 deputati e Noi Moderati con 9) e il gruppo misto, nel quale ci sono 2 componenti e solo 3 non sono iscritti a nessuna di queste (+Europa, 3 deputati e Minoranze Linguistiche, 3). In definitiva, vi è lo stesso numero di gruppi tra Camera e Senato, ma con regole diverse: tuttavia, alla Camera due sono i gruppi autorizzati, mentre al Senato il gruppo Noi Moderati si è costituito in modo quantomeno "anomalo". Insomma, la riforma del regolamento del Senato, pur dedicando grande attenzione ai gruppi parlamentari, con una particolare "ossessione" per il fenomeno del transfughismo, è stata per il momento e ancora una volta interpretata in modo assai lasco: tanto che inizia ad apparire francamente poco utile continuare ad approvare riforme in tal senso se poi quelle stesse regole, sulla spinta degli irriducibili fenomeni politici, non vengono fatte rispettare, come sovente accaduto anche nella XVIII legislatura.

Le Commissioni speciali per gli atti urgenti tra Camera e Senato

Un altro urgente adempimento che le Camere si sono trovate ad affrontare riguarda l'istituzione di Commissioni speciali per l'esame degli atti urgenti presentati dal Governo. Si tratta di una prassi ormai piuttosto consolidata nel periodo che intercorre tra la convocazione della prima seduta del nuovo Parlamento eletto e l'istituzione delle Commissioni permanenti competenti per materia. Certo, la (netta) vittoria della coalizione di centrodestra alle elezioni politiche (e, in particolare, di Fratelli d'Italia) ha reso molto breve il periodo per la formazione del Governo, anche considerando che vi è una certa urgenza per iniziare a redigere e poi discutere e approvare la legge di bilancio, per scongiurare l'esercizio provvisorio. Anche dopo la formazione del Governo, e fino a quando non saranno istituite le Commissioni permanenti competenti per materia, tuttavia, si rende necessario esaminare e approvare gli atti urgenti che sono stati adottati dal Governo per il disbrigo degli affari correnti che, nel frangente odierno, sono di straordinaria rilevanza. Non solo: si tratta di una lunga serie di incombenze che le nuove Camere dovranno gestire nel minor tempo possibile: conversione del decreto-legge n. 144 del 2022 (c.d. DL "Aiuti-ter"), esame della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono solo le principali questioni che le nuove Camere si troveranno ad affrontare. In particolare, la conversione in legge del decreto-legge n. 144 del 2022: il provvedimento è del 23 settembre, e quindi dovrà essere convertito entro 60 giorni da quella data. Un mese è già stato "perso" tra la pubblicazione del provvedimento, la riunione delle nuove Camere e le incombenze successive, e quindi l'inizio del percorso per la conversione in legge è del tutto urgente, anche considerando l'aggravarsi della crisi energetica che sta colpendo l'Italia e gli altri Stati europei. Con le elezioni svolte a fine settembre (si ricorda che l'ultima volta che si è votato in autunno è stato nel novembre 1919), i primi adempimenti delle Camere, così come il procedimento di formazione del Governo, si sovrappongono con il "semestre nazionale" delle procedure di bilancio. La NADEF è stata infatti approvata – limitatamente allo scenario a legislazione vigente – in Consiglio dei ministri il 28 settembre (quindi con un solo giorno di ritardo rispetto al termine previsto dalla legge). Com'è noto, la NADEF deve essere esaminata e approvata dalle Camere, tramite risoluzioni, prima di essere inviata alla Commissione europea. Poi il Governo dovrà presentare in Parlamento il Documento Programmatico di Bilancio e il disegno di legge di bilancio (in teoria entro il 20 ottobre, ma ovviamente quest'anno i tempi di partenza della XIX legislatura porteranno a un sensibile ritardo nella presentazione del disegno di legge di bilancio). Un altro capitolo del tutto centrale è l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Entro la fine di dicembre 2022, infatti, l'Italia dovrà raggiungere 16 obiettivi e 39traguardi, per un totale di 55 impegni da rispettare. Il Governo Draghi ha lavorato, fino all'ultimo momento, sui 55 traguardi e obiettivi da conseguire entro fine anno (alcuni dei quali estremamente complessi) e che daranno diritto a richiedere a Bruxelles la terza rata di finanziamenti, pari a ulteriori 19 miliardi di euro. Si tratta solo degli esempi più vistosi dei primissimi impegni che si impongono alle nuove Camere, ma altri ve ne sono (come schemi di decreti legislativi sottoposti a parere) e, soprattutto, altri potrebbero sopraggiungere. Al Senato, la Conferenza dei Capigruppo ha stabilito, ai sensi dell'articolo 24 del regolamento, la costituzione di una commissione speciale per l'esame degli atti urgenti presentati dal Governo. In conformità ai precedenti, la commissione speciale è composta da 27 membri nominati sulla base delle designazioni dei gruppi, nel rispetto del principio di proporzionalità. Oltre ad avere la competenza di merito sui singoli provvedimenti, assorbe le competenze di ogni altra commissione in sede consultiva, anche con riguardo agli eventuali pareri obbligatori. Anche presso la Camera dei deputati è stata istituita una commissione speciale, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, del regolamento, e tuttavia con un mandato assai più limitato, poiché ha lo specifico obiettivo di esaminare il disegno di legge n. 5, di conversione in legge del decreto-legge n. 144 del 2022. Come si legge nel resoconto della seduta del 19 ottobre, la commissione, composta da 35 deputati, ha competenza con riferimento a tutti i profili di merito, ivi compresi quelli relativi alle conseguenze di carattere finanziario e cesserà dalle sue funzioni una volta completato l'iter del provvedimento. Stupisce la scelta della Camera dei deputati di istituire la commissione limitando il suo mandato al solo esame del decreto-legge in conversione, mentre – come si è visto – altre incombenze avrebbero suggerito (così come fatto al Senato) di dare un orizzonte ben più ampio alla commissione speciale. Non solo. Ci si può addirittura chiedere se, considerati i gravosi impegni già in agenda per le nuove Camere, una sola commissione speciale in ogni Camera sia sufficiente, oppure se non sarebbe stato il caso di intraprendere una "terza via" tra l'unica commissione speciale e l'istituzione delle commissioni permanenti. Considerati gli impegni visti poc'anzi, sarebbe stato forse proficuo istituire più di una commissione speciale: ad esempio, una commissione speciale per l'esame della NADEF e per l'attuazione del PNRR e una commissione speciale per l'esame dei decreti-legge.

Il futuro delle Commissioni bicamerali e il caso Copasir

Ancora, sarebbe opportuno intervenire sin da subito sulle commissioni bicamerali. In tale ambito, potrebbe essere "ripescata" la proposta di legge AC 3387, a firma dell'On. Baldelli, che mirava alla "Riduzione del numero dei componenti di organi parlamentari bicamerali", intervenendo con una decurtazione numerica della composizione di alcune commissioni in modo "ultra-minimalista". Unico punto fermo, in tal senso, è il Copasir, poiché con una norma del c.d. "DL Aiutibis" (decreto-legge n. 115 del 2022) si è stabilito che, all'inizio di ogni legislatura, le sue funzioni debbano essere esercitate da un organismo temporaneo ad hoc formato dai membri del Comitato precedente rieletti in una delle due Camere, per assicurare la continuità dell'organismo di controllo sull'intelligence fino alla nascita di quello permanente L'articolo 37-ter del decreto-legge n. 115 del 2022, così come convertito dalla legge n. 142 del 2022, novella la legge istitutiva del Copasir e dispone due modifiche all'ordinamento dello stesso. In particolare, viene stabilito che, all'inizio della legislatura, i membri del Comitato siano nominati entro venti giorni dalla votazione della fiducia al Governo, anziché entro venti giorni dall'inizio della legislatura. Inoltre, si prevede la costituzione a inizio legislatura di un Comitato provvisorio che assicuri lo svolgimento delle funzioni di controllo nelle more della nomina dei componenti del nuovo Comitato. Il Comitato provvisorio è costituito dai membri del Comitato della precedente legislatura che siano stati rieletti in una delle Camere. La disposizione prevede che i Presidenti dei due rami del Parlamento procedano all'integrazione della composizione del Comitato in due ipotesi: qualora il numero dei membri del Comitato rieletti sia inferiore a sei o nel caso in cui la composizione dell'organo non rispetti, comunque, indipendentemente dal numero dei componenti, la consistenza dei gruppi parlamentari. In entrambi tali casi, la norma prevede che i Presidenti procedano all'integrazione della composizione, fino a un massimo di otto, tenendo conto della consistenza dei gruppi parlamentari e garantendo, ove possibile, la parità tra deputati e senatori. Il Comitato provvisorio è presieduto, nel caso in cui sia stato rieletto, dal presidente del Comitato della precedente legislatura, ovvero, in sua assenza, dal Vicepresidente, ove sia stato rieletto, o in assenza anche di questi, dal componente più anziano d'età. La disposizione non risulta invece incidere sulle funzioni e sui poteri dell'organo provvisorio che, quindi, corrispondono a quelli attribuiti in via generale dalla legislazione vigente al Copasir. Attualmente, stando al sito del Parlamento, il Copasir provvisorio è pertanto formato da 7 parlamentari: 4 senatori (Enrico Borghi, Francesco Castiello, Claudio Fazzone, Andrea Ostellari) e 3 deputati (Andrea Delmastro Delle Vedove, Tommaso Foti, Ettore Rosato). Il Presidente è stato fino al 22 ottobre Adolfo Urso, che, con una lettera ai Presidenti di Camera e Senato, ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente e componente del Comitato parlamentare provvisorio per la Sicurezza della Repubblica, essendo entrato a far parte del Governo a seguito della nomina quale Ministro delle imprese e del made in Italy (ex Ministero dello sviluppo economico). Sulla stessa linea si pongono le novità riguardanti gli organi di autodichia: infatti, presso la Camera, al fine di garantire la necessaria continuità della tutela giurisdizionale, all'inizio di ciascuna legislatura i componenti degli organi giurisdizionali della legislatura precedente continuano ad esercitare le proprie funzioni, ancorché non rieletti deputati, sino all'entrata in carica dei nuovi componenti. Lo stesso avviene presso il Senato, dove – per la stessa ragione – i componenti della Commissione Contenziosa e del Consiglio di Garanzia della scorsa legislatura esercitano le loro funzioni fino alla nomina dei nuovi componenti. Si tratta di disposizioni in linea con la logica della continuità parlamentare, resa ancora più stringente dai procedimenti euro-nazionali che, ovviamente, non possono fermarsi quando si vota a livello nazionale o europeo, ma che esigono – al contrario – una rigida continuità per proseguire e per dispiegare i propri effetti, nonostante le tante "aritmie" che si incontrano lungo il percorso di tali procedimenti.

Il rischio "asimmetria" tra Camera e Senato per le Commissioni parlamentari permanenti

Infine, la riforma del regolamento del Senato e la mancata riforma del regolamento della Camera rischiano di causare un'asimmetria in uno degli snodi cruciali del nuovo Parlamento: le commissioni permanenti competenti per materia. Al Senato, infatti, il nuovo regolamento – per adeguarsi al minor numero di senatori – diminuisce il numero delle commissioni permanenti, che da 14 passano a 10, con alcuni accorpamenti nelle funzioni. L'ipotesi di lasciare alla Camera 14 commissioni, come se nell'altro ramo del Parlamento nulla fosse accaduto, appare quantomeno problematica: infatti, favorirebbe una diversa aggregazione degli interessi tra le due Camere, con esiti nefasti e piuttosto paradossali, proprio nel momento in cui, peraltro, l'elettorato delle due Camere è stato omogeneizzato (con la legge cost. n. 1 del 2021). Limitatamente alla Camera dei deputati, appare dunque oltremodo urgente adeguare il regolamento parlamentare alla riduzione del numero dei parlamentari, soprattutto in materia di commissioni permanenti: sarebbe anzi il caso di adeguarlo prima della costituzione delle commissioni stesse, proprio per evitare una vistosissima e disfunzionale asimmetria con il Senato. La costituzione di una doppia commissione speciale presso entrambe le Camere, al posto della commissione speciale con limitati poteri che è stata istituita alla Camera, avrebbe dato la possibilità di intervenire tempestivamente sul regolamento, prima dell'istituzione delle commissioni permanenti, per adeguarle alla disciplina vigente presso il Senato. Il mancato adeguamento del regolamento della Camera alla riduzione dei parlamentari crea una vistosa asimmetria nelle regole parlamentari, che si pone per giunta in netta controtendenza rispetto alla direzione che sta assumendo – negli ultimi anni – il bicameralismo italiano. Si tratterebbe di una concreta e appariscente incoerenza rispetto a quel bicameralismo (sempre più) paritario confermato dal referendum del dicembre 2016 e che, per funzionare bene, deve essere anche "processuale". Per effetto della legge n. 165 del 2017, infatti, vi è lo stesso sistema elettorale nei due rami del Parlamento ed è stata anche parificata, a partire da queste elezioni, l'età dell'elettorato attivo per i due rami del Parlamento. Le stesse procedure vanno in questa direzione, con quel "monocameralismo alternato" che, pur potendo considerarsi una degenerazione, mette – per certi versi – sullo stesso piano le due Camere nel procedimento legislativo, tramite una inedita divisione del lavoro. La ratio dominante della riforma del regolamento del Senato del 2017 è stata – almeno in parte – quella di avvicinare la disciplina del Senato a quella della Camera, con un'inversione perciò della tendenza alla progressiva divaricazione delle regole procedurali tra i due rami del Parlamento. Dopo la riduzione del numero dei parlamentari, è stato il Senato a portare per primo a termine l'adeguamento del suo regolamento: laddove ha potuto, riducendo ancora le differenze (esame decretazione d'urgenza e Comitato per la legislazione), ma inevitabilmente introducendo anche modifiche che hanno divaricato i due regolamenti. Tocca quindi ora alla Camera adeguarsi, per ridurre quella distanza che può creare criticità nella vita del Parlamento e, più in generale, nella forma di governo italiana.