Vladimir Putin (foto depositphotos)

di Gabriele Carrer

La Russia riuscirà a superare "la prova del calzino"? La chiama così Philippe Gélie, vicedirettore del quotidiano francese Le Figaro. A spiegarla, invece, è un ufficiale ucraino al fronte citato dallo stesso giornalista: la guerra in inverno è "tutta una questione di stivali e calzini bagnati". Il leader russo Vladimir Putin ha scommesso molto, forse tutto, della sua guerra d'invasione dell'Ucraina sul mitico "generale inverno", che si dice abbia salvato la Russia sia da Napoleone sia da Adolf Hitler. L'ha fatto con l'Ucraina, attaccando le infrastrutture energetiche e mostrandosi allo stesso tempo convinto che il peggioramento delle condizioni meteorologiche possa rallentare la controffensiva permettendo alle truppe russe di guadagnare tempo e recuperare forze e mezzi per tornare all'offensiva la prossima settimana. L'ha fatto anche con l'Occidente, dichiarando la "guerra del gas" agli europei per tentare di spezzare l'unità nel sostegno all'Ucraina invasa.

Le condizioni più difficili si verificheranno a novembre e all'inizio di dicembre, periodo che i russi chiamano rasputitsa, ovvero il periodo in cui le strade disgelano. Poi il fango si trasformerà in terreno duro e sarà più facile muoversi fino alla prossima rasputitsa, quando l'inverno lascerà il posto alla primavera. "Chi si preparerà meglio e saprà sfruttare questa situazione a proprio vantaggio sarà in grado di avanzare", ha detto Mykola Bielieskov, ricercatore del National Institute for Strategic Studies di Kyiv al Wall Street Journal.

"L'inverno nel Donbass è un inferno", ha raccontato un soldato ucraino a France24, mostrando una sauna/hammam realizzata a un metro di profondità per riprendersi dalle difficoltà delle trincee. "È un clima da steppa con notti gelide e le temperature possono scendere fino a meno 30 gradi. Non ci sono foreste, il vento soffia ovunque. Sono stato qui nel 2014 ed era insopportabile". Il fango si attacca sulle suole degli stivali, che i soldati devono lavare accuratamente prima di entrare di entrare nella trincea utilizzata per gli alloggi e la cucina. Una piccola stufa a legna usata per scaldarsi e una a gas con cui preparare tè e caffè bollenti sono i due oggetti più preziosi.

Tuttavia, osserva Gélie, l'inverno anche è un equalizzatore di forze e spesso un acceleratore di dinamiche militari già in corso. Avere un paio di ricambi asciutti fa la differenza, sia per le possibilità del soldato al fronte sia per il suo morale. Se a questo si aggiungono i guanti, i cappelli e le uniformi che gli eserciti della Nato stanno consegnando agli ucraini a decine di migliaia, il presunto vantaggio della Russia resta da vedere, scrive il vicedirettore de Le Figaro. Per Mosca, molto dipenderà dalla capacità di vincere la prova del calzino, conclude.

Non è la prima volta che calze e guerre si intrecciano. Basti pensare che durante la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti fecero appello a tutte le donne americane affinché donassero i loro collant per una riconversione bellica. Servivano paracaduti, funi, giubbotti antiproiettili, lacci per le scarpe e molto altro. Ma i materiali erano tutti di importazione giapponese e dopo l'attacco a Pearl Harbor, con la conseguente dichiarazione di guerra, anche lo Zio Sam scese in campo per chiedere uno sforzo alle donne americane: "Lo Zio Sam ha bisogno delle vostre calze di seta e nylon usate come sacchetti per la polvere da sparo", recitava un manifesto.

È un modo, ieri come oggi, anche per rafforzare il sostegno popolare al conflitto, per far sentire chi è a casa più vicino a chi è sul fronte o subisce direttamente il conflitto. Ai soldati, racconta France24 al fronte, sono stati inviati anche impermeabili, biancheria intima speciale, tra cui leggings e "calze tattiche" per evitare il "piede da trincea", una rovina per i soldati della Prima guerra mondiale. "Ma ciò che ci riscalda ancora di più dei calzini o dei sacchi a pelo standard della Nato, sono le parole, le chiamate e i piccoli disegni dei nostri cari", ha detto uno degli ucraini al fronte.

E non è un caso che nei giorni scorsi, Melinda Haring, vicedirettrice dell'Eurasia Center del centro studi americano Atlantic Council, abbia scritto un articolo dal titolo "Sei cose che tu (sì, tu!) puoi fare per aiutare l'Ucraina". Il punto quattro recita: "Il prossimo inverno sarà molto duro e molto freddo. I recenti attacchi missilistici di Putin hanno colpito più di dieci città ucraine, prendendo intenzionalmente di mira impianti di riscaldamento e di alimentazione, lasciando migliaia di persone senza elettricità e internet". Gli ucraini "hanno bisogno di sacchi a pelo, intimo termico, calze calde, generatori e stufe", continua lasciando poi i riferimenti di un uomo d'affari, Andrey Stavnitser, a cui rivolgersi.

Funzionari occidentali citati dal Wall Street Journal nei giorni scorsi si sono mostrati convinti che gli ucraini siano più motivati e meglio equipaggiati dei russi in vista dell'inverno, grazie alle forniture occidentali. Qualsiasi avanzata ucraina sarà probabilmente rallentata dalle condizioni invernali, hanno spiegato. Per la Russia le possibilità di attaccare sono poche e il compito è più facile, difendere il territorio. Ma il "generale inverno" e il suo amico "generale fango" potrebbero non schierarsi più al fianco della Russia, come in passato. Perché la Russia non è il difensore. E quando l'Unione Sovietica invase la Finlandia nell'inverno tra il 1939 1940, i finlandesi erano meglio equipaggiati per il freddo rispetto agli invasori, avevano maggiore familiarità con il terreno. Secondo le stime, le perdite sovietiche furono 10 volte superiori a quelle dei finlandesi. Alla fine la Finlandia capitolò. Ma questa è un'altra storia.