L'OSSERVATORIO ITALIANO

di Anonimo Napoletano

 

 

La sanità italiana non se la passa bene e a “soccorrerla” arrivano i medici cubani. Sì, proprio così. Nella devastata Calabria sono sbarcati a inizio gennaio i primi 50 camici bianchi dell'isola caraibica. Verranno impiegati nelle strutture ospedaliere calabresi per far fronte alla drammatica e cronica carenza di dottori “nostrani”. E si tratta solo del primo contingente a cui ne seguiranno altri, per un totale di poco meno di 500 medici che per sei mesi ciascuno (prorogabili) presteranno servizio in corsia nella regione meridionale. Il tutto avviene nel quadro di un accordo che ha fatto molto discutere lo scorso agosto, quando fu stipulato, e che in questi giorni viene messo effettivamente in pratica. Si tratta della convenzione sottoscritta dal presidente della Regione Calabria e commissario ad acta per la sanità, Roberto Occhiuto, presso l'Ambasciata della Repubblica di Cuba a Roma, con la “Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A.” (Csmc S.A.), la società dei medici cubani per la fornitura di servizi medici e sanitari. 

«Si è arrivati al reclutamento dei medici di Cuba - dichiarò il presidente Occhiuto all'epoca della sigla dell'accordo - perché la sanità calabrese è al collasso, ma il problema del reclutamento dei medici è un problema che hanno anche tutte le altre regioni italiane. Nessuno vuole mettere da parte i medici italiani o calabresi. Anzi, siamo pronti ad assumerli, e a tempo indeterminato. Ma nel nostro Paese e in Calabria in particolare, in questo momento, c'è un'oggettiva difficoltà a reperire e ad assumere medici. La Regione ha fatto bandi e manifestazioni di interesse, e tutti sono andati deserti».

Ed ecco quindi la soluzione: importarli da Cuba, dove le Università locali sono rinomate per sfornare ottimi professionisti nel campo della sanità. Il primo contingente arrivato a inizio anno sarà per un mese destinato a corsi di formazione linguistica, per apprendere l'italiano, con speciale riguardo alla terminologia medica, in modo da poter essere in grado di dialogare perfettamente sia coi pazienti sia con i colleghi medici e infermieri. Una volta in grado di poter assumere servizio, i professionisti cubani che fanno parte di questo primo contingente saranno assegnati agli ospedali di Locri, Polistena, Gioia Tauro e Melito Porto Salvo. Successivamente si interverrà nelle altre strutture della regione.

Roberto Occhiuto

«I cubani non ruberanno alcun posto di lavoro ai nostri medici», afferma il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. Saranno impiegati per un anno e riceveranno lo stesso stipendio dei colleghi italiani. «Se poi decideranno di partecipare ai concorsi che continuiamo a bandire saremo felici di assumerli. Il paradosso è questo, che la sanità calabrese può assumere, ma diciamo che ha difficoltà di reclutamento», aggiunge Occhiuto. «La sanità calabrese è stata distrutta da dodici anni di commissariamento in cui non solo non sono mai stati aumentati i livelli di prestazione, ma non sono mai neanche stati fatti i conti sull’ammontare del debito. Noi abbiamo bisogno di 2.500 medici, 500 dei quali subito se non vogliamo chiudere pronto soccorso e reparti». 

Ma il problema non è solo calabrese e le cause sono anche del sistema di formazione e retribuzione dei camici bianchi. «Abbiamo fatto e stiamo facendo concorsi per assunzioni a tempo indeterminato, ma non troviamo gli specialisti che servono», afferma ancora Occhiuto. «Evidentemente il sistema sanitario calabrese è poco attrattivo e il turnover non è stato garantito dal numero chiuso all’Università. In più molti medici ospedalieri si dimettono. E sa perché? Per una stortura del sistema. Trovano più conveniente andare a lavorare nelle cooperative che forniscono medici a gettone. Qui in Calabria un medico a gettone prende 150 euro all’ora. Un medico così può arrivare a costare fino a 50mila euro al mese e non ce lo possiamo permettere».

Quindi, il numero chiuso alle Università non permette di sfornare abbastanza medici, di questi sono pochissimi quelli che vogliono trasferirsi a lavorare in Calabria, e in più preferiscono al posto pubblico il più remunerativo sistema della sanità privata.

Nonostante ciò, l'Ordine dei medici è scettico sulla soluzione trovata e lamenta il fatto che si fanno lavorare in Italia dottori che non sono iscritti all'Ordine, e quindi non hanno superato le prove di idoneità previste dal nostro ordinamento. Questo è stato possibile in quanto la Calabria ha sfruttato una norma speciale emanata durante la pandemia di Covid, che permetteva di inserire in ospedale “camici bianchi” che non hanno completato la specializzazione o che non sono ancora iscritti all'Ordine dei medici. 

Polemiche ci sono state anche per i costi, perché oltre allo stipendio la Regione deve sobbarcarsi la formazione linguistica di un mese. Lo ha fatto con una convenzione con la Unical, l'Università della Calabria, che assicurerà le lezioni di italiano. Il costo per i primi 50 medici è di ventimila euro oltre Iva.