di BRUNO TUCCI

Debacle del Pd alle elezioni comunali 2023, quale sarà il futuro del Partito democratico? Sono gli stessi parlamentari del Pd a porsi questo interrogativo.

La svolta a sinistra di Elly Schlein non ha convinto tutti i dem, specie coloro che si ritengono moderati e che avrebbero voluto o vorrebbero un partito più centrista. Non solo i cattolici, ma anche altri esponenti di punta dei dem non sono assolutamente d’accordo con la linea del nuovo segretario.

Sostengono che su quella poltrona avrebbe dovuto sedersi Stefano Bonaccini che aveva avuto la maggioranza quando ad esprimersi alle primarie erano stati i massimi vertici del Pd. Poi, l’area si è allargata e il presidente dell’Emilia Romagna ha dovuto alzare bandiera bianca.

All’inizio, quella che era diventata minoranza è stata ottimista, certa com’era che la Schlein non sarebbe andata oltre un determinato limite. Hanno avuto torto ed è allora che sono cominciati i primi distinguo. Dubbi, perplessità, rumors.  Soprattutto perché la segretaria si muoveva in modo ondivago.

Cioè? Una volta si scagliava con violenza a parole contro il governo, un’altra appariva più morbida o comunque più diplomatica e preferiva astenersi. Ad esempio, quando la Meloni aveva lasciato correre molti giorni dalla tragedia di Cutro e soltanto dopo “tanto tempo” era andata a rendere omaggio alle vittime.

Poi, con la più recente alluvione in Emilia Romagna e nelle Marche, non solo aveva evitato quel viaggio, ma era stata con la bocca chiusa quando il premier, con stivali di gomma e camicetta fuori dei pantaloni, aveva voluto rendersi conto di quanto era accaduto parlando con molte persone vittime della disgrazia.

Questo atteggiamento (come definirlo?) ambiguo di Elly scontenta un po’ tutti: i moderati perché non credono che ella farà retromarcia rispetto alle sue idee di ultra sinistra e i falchi che la vorrebbero più cattiva di quanto appare.

Ne fa testimonianza un commento che di recente hanno fatto quattro deputate del Pd: Alessia Morani, Titti Di Salvo, Valeria Fedeli e Alessia Riotta. “Vorremmo una politica più chiara da parte della dirigenza  e dello stesso segetario, perché francamente non sappiamo dove vuole andare a parare il Pd”.

Le quattro esponenti del partito ragionano sulle scelte compiute negli ultimi tempi. Si è cercato di allearsi con i i5stelle, ma l’operazione non è riuscita, perché Giuseppe Conte non ha voluto scegliere. O meglio, ha atteso tempi migliori per i grillini, certo com’era (e forse com’è) che il suo partito in futuro guiderà l’opposizione di sinistra.

Ecco, il solito dilemma che divide il partito che ancora naviga tra Scilla e Cariddi. “Invece dobbiamo essere più determinati altrimenti la nostra gente si allontanerà sempre di più da noi”.

Si pensava che con l’arrivo della Schelin queste peplessità si sarebbero superate. Al contrario, si è più o meno al periodo in cui Enrico Letta guidava il partito. Allearsi e quindi perdere lo scettro della sinistra; oppure rompere con i grillni ed avere pochissime possibilità di tornare a Palazzo Chigi? La verità è che si è ancora titubanti. In alcune regioni questo accordo è stato raggiunto e qualche risultato lo si è avuto. Ma siamo ancora sulle rive del Rubicone e nessuno vuole prendersi la responsabilità di guadare il fiume.

Ed allora, ritorna l’interrogativo di fondo: quale strada prenderà il Pd? La scelta deve essere fatta in fretta, al contrario se ancora si tergiversa, l’era Meloni durerà a lungo ed i “gufi” non avranno più alcun potere.