di ALESSANDRO CAMILLI

A Roma ognuno osserva la regola, stringente, del fare come gli pare e gli fa comodo. Quindi, ragionevolmente, a Roma i vantaggi del vivere associati in un grande centro urbano si vanno sciogliendo. A Roma ciò che è sociale e collettivo è in via di progressivo abbandono e dissolvimento. Le strade sono nel loro rovinare ostili al muoversi. Metro e bus a chiamarli inefficienti si fa loro un complimento indebito. A Roma una gastronomia d’assalto e di rapina somministra disordine pubblico impiattato in junk-food. A Roma l’uso di auto e moto è esercizio collettivo di mutua sopraffazione. Così come sopraffazione è stata da parte di bar e ristoranti la razzia di suolo pubblico per impiantarci eterni dehors e dichiararli propria eterna proprietà.

A Roma ogni abusivismo è istituzionalizzato dal “non mi compete” che la cifra della locale Pubblica Amministrazione. A Roma procurarsi un passaporto o una carta di identità elettronica è, quando riesce, l’esito di una prece e genuflessione alle autorità. Roma è qui e oggi una delle città dove la vita associata è tra le peggiori possibili e in via di veloce e manifesto peggioramento. Concorrono al fenomeno corporativismo sindacale, inettitudine culturale della politica, disponibilità e applicazione delle cittadinanza…Ci vuole una faccia tosta fa fisico bestiale per candidare questa città, così come è oggi, ad ospitare niente meno che Expo 2030. A meno che non si diano poteri speciali a…A chi? A Free Park che marchia a vernice indelebile chi parcheggia sulle strisce pedonali.