Tenuto prigioniero dentro un condominio a Gaza, all'improvviso un bombardamento colpisce l'edificio, il palazzo crolla, Roni resta ferito, la forza della disperazione lo aiuta a emergere dalle macerie, scappa via, ha il terrore che i terroristi lo riprendano, si nasconde dove può, mentre i missili continuano a piovere.

Dopo quattro giorni di fuga, senza dormire, mangiare, bere, cercando di individuare la direzione verso il confine con Israele, alcuni abitanti di Gaza lo vedono: lo catturano e in un attimo è di nuovo nelle mani dei miliziani.

A raccontare la storia di Roni Kriboi, cittadino israelo-russo rapito da Hamas il 7 ottobre al rave parti nel Negev, è stata la zia Yelena Magid dopo il rilascio avvenuto domenica sera. Hamas ha detto di averlo liberato, unico giovane uomo tra donne, bambini e anziani, in "omaggio agli sforzi del presidente Vladimir Putin ed in segno di rispetto per la posizione della Russia". Roni, 25 anni, quella notte stava lavorando come tecnico del suono al festival e si divertiva come tutti gli altri ragazzi. Quando i miliziani sono arrivati falciando vite e stuprando giovani donne, ha cercato di ripararsi insieme con un amico. Alle dieci del mattino di lui non c'era più traccia. Il fratello Igor l'ha chiamato al telefono, gli ha risposto una voce maschile in arabo, poi più niente. "Roni ha pensato che l'unica soluzione fosse riuscire ad allontanarsi, raggiungere Israele a piedi. Ma non aveva i mezzi per capire dove si trovava e in che direzione andare, non poteva muoversi per le strade senza essere riconosciuto dagli abitanti di Gaza. Era come in un film. Era solo", ha raccontato Yelena ai media israeliani. Impossibile per lui confondersi tra i palestinesi, nonostante il caos dei bombardamenti, impossibile non capire che era un ostaggio fuggito: lacero, sanguinante, con i capelli lunghi biondi. Nel crollo dell'edificio dov'era stato chiuso è rimasto ferito alla testa e in altre parti del corpo, "ma sta bene. I medici stanno facendo accertamenti", ha detto ancora la zia, spiegando di avergli parlato per mezz'ora subito dopo il rientro in Israele. Nelle foto pubblicate dai siti israeliani, Roni sta dentro un pulmino, con il viso appoggiato a una mano, occhiaie profonde, lo sguardo fisso sulla strada, nessun saluto, nessun sorriso. "Gli ho chiesto: 'Come ti senti? Hai degli incubi?'. Mi ha risposto: 'Sì, ho gli incubi della caccia dei terroristi che ci inseguivano al festival e della prigionia, ma questo è positivo, significa che sto gestendo bene la situazione'", l'ha rassicurata lui rispondendo alle domande della zia. Ora la testimonianza di questo giovane sarà particolarmente preziosa per gli uomini dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interna israeliano. Nessun altro ostaggio è uscito dal tunnel o dalla stanza in cui è stato tenuto prigioniero dai terroristi. Nessun altro si è ritrovato dentro un anfratto di Gaza mentre i miliziani si muovevano nell'oscurità, sparavano razzi e rispondevano al fuoco. Roni per quattro giorni e quattro notti ha potuto vedere e ascoltare, non visto. Dopo i controlli medici, racconterà del mostro che gli avvelena il sonno, dei suoi aguzzini, del posto in cui aveva perso la sua libertà. E chissà che la sua testimonianza non aiuti l'esercito a imboccare una strada che porti a quegli ostaggi dispersi di cui neppure Hamas sa che fine abbiano fatto.