di MARCO BENEDETTO

Meloni, quatta quatta, col suo simpatico musetto e occhioni da Cappuccetto Rosso ha tirato il colpo, quasi un colpo di Stato. Nemmeno Mussolini aveva ardito tanto.

Quegli incapaci della sinistra, con tutti i sit in e scioperi, non mi avevano fatto capire la gravità della situazione. Questa non è una faccenda da tecnici, come qualcuno la riduce, questa è una cosa che non sta né in cielo né in terra.

Non è il gioco il potere del capo dello Stato, che nella storia italiana, da Gronchi a Napolitano, ha fatto solo danni.

Qui è in gioco proprio il più elementare buon senso. Sarà colpa mia che considero questo problemi di presunta stabilità come fandonie, sollevati solo da chi, prima Renzi, poi Meloni, voleva consolidare il proprio seggiolone. E quindi ho letto con sufficienza e sussiego il feroce dibattito sui giornali (non guardo la tv).

Pomicino, il vecchio democristiano andreottiano Paolo Cirino Pomicino, è stato lui a aprirmi gli occhi. Ha detto papale papale a Emanuele Lauria di Repubblica:

“Il premierato di Meloni è uno scherzo. Altro che Terza Repubblica, mi tengo stretta la prima.

“Nei sistemi presidenziali, il leader eletto non si porta mai il premio di maggioranza dell’assemblea. Prendiamo l’Assemblée nationale francese e il congresso americano: sono due soggetti democratici, ciascuno dei quali deve convivere con un altro, il presidente appunto. La guida politica eletta che si trascina la maggioranza può esserci al Comune di Canicattì”.

Mi sono andato a leggere il testo del Ddl in discussione fra i partiti in questi giorni. Una cosa da non crederci. La riforma costituzionale di Renzi era scritta da un vigile urbano (con tutto il rispetto per la categoria), degna della riforma delle Province di Graziano Delrio, ma non arrivava a tanto.

Leggiamo il testo dell’articolo 3, “Modifica dell’articolo 92 della Costituzione.

“1. L’articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Art. 92.–Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione delle due Camere e del Presidente del Consiglio avvengono contestualmente.

“La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i princìpi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi in ciascuna delle due Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei ministri.

“Il Presidente del Consiglio dei ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura. Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i ministri”.

Altro che garantire la governabilità, questa è appropriazione del potere statale con un colpo di mano.

Mussolini, nelle ultime elezioni quasi libere che si tennero, usò il premio di maggioranza previsto dalla legge Acerbo, per consolidare definitivamente il suo potere.

Ma non ci provò nemmeno a scavalcare il re e il parlamento e anche in futuro il suo Gran Consiglio del fascismo. Non cercò di legittimare il suo potere con un mandato popolare (e nemmeno Hitler, se è per questo, ci provò).

Fu la sua rovina, perché quando le cose andarono male, bastò un voto di sfiducia del Gran Consiglio per giustificare da parte di Vittorio Emanuele III la revoca dei poteri di Mussolini e il suo trasferimento a Ponza e al Gran Sasso a opera dei carabinieri.

Con questo disegno di legge costituzionale, Meloni fa tesoro della lezione di Mussolini. Se eletta direttamente dai cittadini italiani, nessuno la potrà toccare più, qualunque cosa faccia. Non risulta che sia previta una procedura di impeachment, con in America.

Da noi, un ministro è giudicato dai suoi pari o dal Parlamento che a sua volt sarebbe  controllato dal Premier. Non mi pare una cosa sana.

In America, è vero, il Presidente, capo dell’esecutivo, assommante quelli che da noi sono i ruoli di presidente della Repubblca e presidente del Consiglio, è eletto, attraverso grandi elettori a ciò designati, dai cittadini.

Solo che dura in carica 4 anni e non 5, e si trova contro un Parlamento bicamerale che può essergli totalmente ostile, come infatti capita spesso. Altro che premio di maggioranza.

C’è un maggioritario secco come gli italiani avevano invocato al 96% dei voti ma invano, nel 1991. I partiti svuotarono quella riforma, che era l’unica vera riforma costituzionale credibile. Poi vi chiedete perché non andiamo più a votare.