(foto archivio)

di LUCIO FERO

La guerra qui da noi e noi in guerra, entro tre-cinque anni. La finestra temporale per una guerra in Europa più vasta di quella che da due anni si combatte in Ucraina è definita e ravvicinata, appunto un triennio, al massimo un lustro. E i vettori geo politici, per così dire il “navigatore” della vicenda umana e storica questo indicano, lì puntano: la guerra. Analisi e previsioni vengono dallaGermania, dalla Gran Bretagna, dalla Norvegia, dai paesi Baltici, dalla Polonia. Chi osserva e studia, militare o civile che sia, disegna scenari dettagliati e documentati nei quali entro tre-cinque anni la Russia attaccherà.

La Russia, già ora riconvertita in una economia di guerra, dotata di una ideologia di guerra, il cosiddetto “spazio russo” da riportare alla Russia e far coincidere con i confini della Russia, e ormai un regime e un sistema socio politico che della guerra sembra avere bisogno come cemento e volano. La Russia attaccherà entro tre-cinque anni, se e come avrà finito con l’Ucraina. E’ questa un po’ più, parecchio di più, della previsione. E’ il piano inclinato, molto inclinato, su cui i fatti stanno scivolando veloci, anzi acquisendo velocità. Se la storia avesse una legge di gravità, se questa metafora può indicare…allora la guerra è il punto di caduta dei “corpi” fisici degli Stati autoritari e quindi della Russia.

La Russia che ha indicato la sconfitta sul terreno del cosiddetto Occidentecome condizione della sua sopravvivenza. Quindi, dicono le analisi in concordia con i fatti, la Russia attaccherà. La questione è se le democrazie occidentali useranno i tre-cinque anni, la finestra temporale per la guerra, per prepararsi, prendere atto e quindi armarsi. O se le democrazie occidentali e soprattutto le rispettive pubbliche opinioni si armeranno solo di scongiuri, incredulità e tentativi di ammansire chi minaccia e compiacere soprattutto le proprie illusioni. Prima fra tutte la madre di tutte le illusioni, quella che non possa succedere, mai. Un mai piazzato proprio mentre sta succedendo: tre-cinque anni a seconda di quando e come la Russia avrà finito in Ucraina. Il che vuol dire che gli ucraini combattono e muoiono non solo per se stessi ma anche per darci tempo. Gli ucraini cui, togliendo le armi e l’aiuto occidentale, si assicura la sconfitta e si accorcia il tempo della nostra pace in retrovia.

La guerra in Asia

Tre-cinque anni il tempo che Taiwan stima per un tentativo di invasione armata da parte della Cina. Incognito e insondabile è il tempo che la dittatura della Corea del Nord ha dato a se stessa per aprire una guerra di identità/sopravvivenza. Tempo quanto insondabile, ma il conto alla rovescia è stato fatto partire: nella Costituzione della Corea della Nord è stato inserito di fresco il principio cardine del nemico principale ed eterno da abbattere: la Corea del Sud. E quante sono le possibilità che la guerra Israele-Hamas sia solo una battaglia dentro la guerra incombente in Medio-Oriente tra le teocrazie, guidate o sollecitate dall’Iran,  e i paesi arabi non in missione contro l’Occidente per conto di Allah? In Asia, sia quella geograficamente più prossima sia quella distesa intorno all’are del Pacifico i vettori geo politici puntano e indicano la guerra.

Impensabile, poi possibile, ora probabile

Le nostre società e la nostra storia recente conoscono una condizione di pace che ci appare come una condizione naturale, data, irrevocabile. Come il sorgere del sole al mattino, una sorta di costante astrale e di inderogabile legge fisica. Ragion per cui la reazione più spontanea e di massa rispetto alla previsione-annuncio di una guerra probabile entro tre-cinque anni è di non ascolto. Non si presta infatti ascolto all’impensabile. Ma la guerra, da cui l’Europa occidentale è stata libera solo per circa 80 anni, sostanzialmente una eccezione temporale in circa due millenni, non è più impensabile. E’ diventata possibile ed ora, fatti alla mano, è cresciuta di categoria, è diventata probabile. La reazione della pubblica opinione sarà una tenace e accorata negazione, una appassionata voglia di non sapere. Ma, anche affrontando la fatica e l’angoscia del sapere, del prendere atto?

Allora, sapendo e prendendo atto, il consapevole ma non per questo meno instabile equilibrio tra un vivere il giorno per giorno come se la guerra non incombesse, non avesse dato appuntamento probabile al nostro futuro. Vivere un giorno per giorno senza angosce millenaristiche, senza panico recitato o patologico, senza incoscienza e senza paura. Il giorno per giorno…ma il tempo medio e lungo delle nostre coscienze e azioni dovrebbe essere pensato e organizzato e rivolto a prepararsi alla guerra. Per vincerla. Perché le guerre, se e quando arrivano, se non le vinci le perdi. Anche questa ovvietà molti di noi fortissimamente provano a tenerla nella sfera dell’impensabile. Perché? Provate a dire in giro che, dovesse arrivare la guerra che si annuncia e profila, molti civili, per non perderla la guerra, dovrebbero indossare la divisa e combattere. Immancabilmente provocherete una sdegnata fuga di massa dalla realtà.