Roberto Menia

ROMA - “Tutelare i diritti dei cittadini italiani esuli”. Questa la richiesta del senatore Roberto Menia (FdI) che ha presentato una interrogazione al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Tajani sui beni degli esuli italiani in Croazia.
Nella lunga premessa, Menia ricorda che “sono numerosi i beni (case e terreni) di cittadini italiani, esuli dall'Istria, Fiume e Zara, che la Repubblica di Croazia (come anche la Repubblica di Slovenia) succeduta alla Yugoslavia comunista, continua a fare propri o a trattenere come tali, insistendo questi sul proprio territorio: l'espropriazione continua a dimostrare una mai sopita discriminazione nei confronti degli italiani dell'Istria e viene promossa, in particolare, sulla base dell'accordo di Roma del 3 luglio 1965, che nazionalizza i beni degli optanti per la cittadinanza italiana (di fatto in cambio di uno sconto sui danni di guerra a favore della Yugoslavia), in violazione dell'allegato 14, punto 9, del trattato di pace del 1947; questa nazionalizzazione dei beni da parte delle Repubbliche di Croazia e di Slovenia, basata sul principio di opzione della cittadinanza anche dopo la loro adesione all'Unione europea, contrasta con l'articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che proibisce ogni discriminazione in base alla nazionalità nell'applicazione dei trattati ("Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità")”.
“La Repubblica di Croazia, Stato membro dell'Unione europea dal 1° luglio 2013, - annota il senatore – ha recepito l'accordo di Roma del 1965, venuto meno dopo la dissoluzione della Repubblica socialista federale di Jugoslavia nl 1992, senza il dovuto adeguamento al diritto europeo richiesto dall'articolo 351, primo e secondo comma, del TFUE; assumono infatti rilievo per la questione i due commi del citato articolo 351: "Le disposizioni dei trattati non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1° gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra. Nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili coi trattati, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. Ove occorra, gli Stati membri si forniranno reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta"; è palese – sottolinea Menia – che la Repubblica di Croazia agisce in contrasto con accordi dalla stessa ratificati, in quanto il suo precipuo interesse è quello di acquisire tutti i beni in Istria di proprietà degli italiani (proprietà legalmente acquisite e presenti nei tavolari), siano i proprietari dei beni ancora viventi o debbano essere riferiti ai loro eredi”.
Secondo il senatore “la parte italiana dimostra da decenni inerzia e sarebbe invece opportuno che intervenisse sulla questione dei diritti vantati dai cittadini italiani sui loro beni presenti nella Repubblica di Croazia. Vi sono casi per i quali la Repubblica di Croazia non contesta il mancato indennizzo di un bene nazionalizzato, ma ritiene che si tratti di un problema tra il soggetto che rivendica l'indennizzo e la Repubblica italiana; sono ben noti al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale i casi di beni nazionalizzati in disapplicazione del trattato o non indennizzati da parte della Repubblica di Croazia”.
Tra questi, Menia riporta il “caso della signora D.O., cittadina italiana di madre istriana. La Repubblica di Croazia rivendica la proprietà della casa familiare costruita dai suoi avi nel 1902 nel territorio del comune di Mali Lošinj (Lussinpiccolo) nell'isola di Lussino rimasta in suo possesso sino al 2020, ma espropriata dalla Jugoslavia negli anni 1985-1986, a suo nonno, secondo il citato accordo di Roma. La nazionalizzazione non era stata eseguita in quanto errata, dal momento che il bene in realtà era della sua bisnonna (vale il proprietario del 1947), la cui opzione di cittadinanza non risultava, né all'Italia, né alla Jugoslavia. La Repubblica di Croazia ha però rinvenuto un'annotazione di opzione di una persona con nome simile a quello della sua bisnonna, ha rigettato la domanda di usucapione della casa, ritenendo il possesso illecito. Ha inoltre respinto la domanda di denazionalizzazione e, pur riconoscendo che la nazionalizzazione avverso il suo avo del 1985-1986 era errata nel 2017 ha ordinato di farne una nuova avverso l'ava; avendo la signora D.O. perso la causa innanzi alle autorità croate, il Comune di Lussinpiccolo ha chiesto alla signora un risarcimento di danni di circa 40.000 euro per l'indebita occupazione della casa. Si precisa che la Repubblica italiana ha archiviato la domanda di indennizzo, non avendo rinvenuto l'opzione di cittadinanza italiana da parte della bisnonna e che ricorrere per un parere al contenzioso diplomatico non ciò è possibile per i soggetti privati”.
“Perb dirimere anche questa ultima questione – spiega il senatore – è necessario che l'organo competente del Ministero degli affari esteri rilasci alla signora una dichiarazione da far valere in ogni sede ritenuta necessaria nella Repubblica di Croazia, che attesti che il mancato indennizzo da parte della Repubblica italiana testimonia il non rinvenimento della nazionalità italiana avvenuta per opzione da parte dell'ava, con la conseguente estraneità del patrimonio della stessa, proprietaria del bene nel 1947, alle disposizioni dell'accordo di Roma del 1965”.
Visto che “fino ad oggi il Ministero non ha ritenuto di istruire le pratiche degli esuli istriani in cui era palese la rilevanza pubblica, nazionale e non solo privata, e non è intervenuto in alcun modo sulle nazionalizzazioni, neppure quando sono contestate sotto il profilo della conformità dalle disposizioni contenute in accordi e in trattati”, Menia chiede a Tajani “se ritenga di intervenire per i cittadini italiani che vantano interessi legittimi in Croazia, e di assumere una posizione chiara a livello diplomatico, che presupponga il rispetto delle proprietà dei cittadini italiani, esuli istriani, da parte delle Repubbliche di Croazia e di Slovenia” e “quali iniziative intenda porre in essere per dare una risposta concreta al caso specifico della signora D.O., e in generale per tutelare i diritti dei cittadini italiani esuli nel nome dell'italianità e della libertà”.