Franco Esposito

La contraffazione è in forte crescita, ne soffrono in particolare le esportazioni dell'Italia. Parmigiano e ragù falsi provocano danni di svariati miliardi. Ottanta, secondo i calcoli dell'Ambrosetti. In crescita rispetto agli anni passati. Gli Stati sono delle patrie del cibo italiano taroccato. Il tema sarà al centro dei dibattiti promossi a New York da Coldiretti e Agenzia Ice. “Se l'Italian Souding si trasformasse in vero fatturato delle aziende italiane, l'export agroalimentare nel mondo aimenterebbe di due volte e mezzo”.

Passerebbe da 50 a 129 miliardi di euro, assicura il ceo di The European House Ambrosetti, Valerio De Molli. Gli Stati Uniti assieme alla Germania sono il mercato più importante dell'industria agroalimentare italiana. La conferma è di provenienza newyochese, dove si è aperto ieri il,m Fancy Food Summer. La più importante fiera del settore sulla costa atlantica. Ma è tutto oro quello che luccica?

Fiduciosi e ottimisti gli operatori, in linea con gli appuntamenti già concordati fino alla chiusura, dopodomani, al Jarvis Center di Manhattan.

L'export italiano – sostengono gli esperti – è destinato negli States a crescere ulteriormente: Nella misura del 18.6% cacolato da Ismea, pari ad +5,6 miliardi di euro: Cresce purtroppo anche il falso italiano, non prodotto in Italia e privo della materia prima originale. Il danno stimato è quello sopra evidenziato: 80 miliardi di euro.

A Bormio, venerdì prossimo, The European House Ambrosetti presenterà lo studio realizzato in collaborazione  con Assomercatoestero. “A testimonianza della enorme potenzialità della filiera agroalimentare italiana e della grande voglia di Made in Italy in tutti i continenti”. L'Italia è oggi il paggiore esportatore nel mondo di pomodordi pelati, 78,4% degli scambi internazionali, e di passata di pomodoro, 26% del mercato mondiale.

Il vino, poi. L'Italia primo produttore e secondo esportatore, il 19,9% della produzione mondiale e il 21,3% delle esportazioni. Ma la criticità vera è rappresentata dalla difficile, complessa protezione dei falsi. Dieci sono i Paesi dove il fenomeno della contraffazione del Made in Italy è più forte: Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Brasile, Germania, Francia, Cina, Giappone, Paesi Bassi, Australia. Le stime saranno presentate alla Roadmap del futuro per il Food&Beverage della prossima settimana, sempre a Bormio.

L'Italian Sounding risulta più marcato in Giappone, con una quota di prodotti non autentici, contraffatti, pari al 70,9%. In questa triste classifica per noi italiani seguono il 70,5% del Brasile e il 67,9% della Germania. Ambrosetti European House ha stimato un moltiplicatore del falso italiano pari all'1,58. Applicato sulle diverse aree da schizzare le contraffazioni a un totale di 79,2 miliardi di euro. Quindi, più dei 50 miliardi di export agroalimentare italiano nel 2021.

Assocamerecommercio estero tenta di arginare il fenomeno: creata una food community di oltre 20mila influencer nel mondo. L'Auricchio Provoloni chiede al Governo di non disperdere questo patrimonio che coinvolge le businnes community di origine italiana come ambasciatori del Made in Italy. Scopo finale la creazione dello spazio di “prodotti autentici nel mondo”.

Italian Sounding si occupa dell'utilizzo di denominazionim riferimenti geografici, immagini, colori e marchi che evocano l'Italia. Qualche esempio e un po' tutti hanno dell'incredibile: gli innumerevoli parmesan, spastaschuta, makkaroni, la mozzarella storpiata in zottarella e incredibilmente anche la parola mafia.

Secondo lo studio, tre consumatori su dieci basano le proprie scelte sul presunto sconto. La top ten dei falsi italiani presneta ai primi posti ragù, parmigiano e aceto balsamico con oltre il 60% delle confezioni che ammiccano a scandalosi riferimenti all'Italia. In questa classifica dell'imbroglio, con percentuali del 59%, ci sono il pesto di basilico, la pizza surgelata, il prosciutto, la pasta di grano duro.

Sopra il 56% di finto italiano, il Prosecco, il salame, il Gorgonzola, l'olio extravergine d'oliva. Il fenomeno truffaldino è alimentato da una serie di ostacoli cge bon consentono di superarlo e amplificano la scarsa conoxenza e consapevolezza delle valenze distintive del Made Italy. Ovviamente da parte del consumatore straniero, la scarsa conoscenza e la consapevolezza delle valenze distintive del Made in Italy. Senza contare le barriere all'accesso ad alcuni mercati e la ristretta proiezione internazionale delle piccole imprese italiane.

Mentre continua a dominare le barriere di comunicazione tra produttori italiani e i consumatori stranieri e la competizione al ribasso su prezzi. Prosit.