Dissesto finanziario, Firenze è a rischio default. La denuncia dell’incredibile pericolo arriva dal sindaco della città, Dario Nardella. A Palazzo Vecchio mancano duecento milioni, l’amministrazione comunale pare non sia in grado di assicurare i servizi essenziali. "Se non ci danno una mano, dovremo pensare a una retta minima per le scuole materne", ammette il primo cittadino. Il sindaco prospetta scenari addirittura drammatici: in forse anche gli stipendi di 4.100 dipendenti. Nardella è incalzato, pressato però dall’opposizione in Comune. "Il sindaco spieghi in Consiglio i conti veri, quei duecento milioni di rosso non ci tornano", e annuncia battaglia il consigliere Jacopo Cellai di Forza Italia.

Firenze a rischio default? Sembra impossibile che in questa situazione di deficit venga a trovarsi la città considerata un’autentica banca, un bancomat permanente, frequentata e aggredita da masse di turisti da tutto il mondo. Invece si ritrova realmente in bilico, sul bavero del dissesto finanziario. Il virus le ha scaricato addosso una micidiale mazzata, contribuendo in misura notevolissima alle evidenti difficoltà dei conti. Vengono meno, mancano, i 45 milioni di tassa di soggiorno. Servivano per pagare il trasporto pubblico locale (19 milioni), ma anche a sostenere il Maggio Musicale (4,5 milioni) e le attività culturali. Il turismo è fermo, moribonda Firenze. Evidente, e pesantissimo, il crollo degli incassi, in parte derivanti dalle multe. Milioni che arrivano solitamente da stranieri, turisti e visitatori di Firenze. Palazzo Vecchio non potrà contare su questi introiti.

Dopo aver perso il bancomat, Firenze rischia di vedersi chiudere il conto corrente. Nel tentativo di parare il colpo, il sindaco Nardella rilancia l’idea di spegnere i lampioni. Niente illuminazione, la città al buio. Il risparmio sarebbe di quattro milioni. "Spegniamo tutto", come segnale per il governo centrale. Ma la minaccia pare contenga i crismi della provocazione e punto. Cna e Confcommercio si sono allertate: le imprese commerciali sono allo stremo. Prima dell’esplosione dell’epidemia, la previsione per il 2020 era di circa 80 milioni di introiti, sommando alla tassa di soggiorno, i ticket per i bus, gli ingressi nei musei, e con un trend in prepotente crescita. Il coronavirus ha fatto sparire tutto. Cannibale fino in fondo, s’è mangiato Firenze. Quei duecento milioni di rosso vengono spiegati con rinunce e cancellazioni, alcune a titolo temporaneo, limitati al periodo del Covid-19.

La rimozione del Cosap (il governo vorrebbe cancellarlo tutto l’anno), del canone della pubblicità, il rischio alta morosità Tari, il taglio di 15 milioni alle attività produttive, i mancati incassi da rette e mense: ecco servito il deficit di 200 milioni rappresentato dal sindaco Dario Nardella. La cifra sparge spavento. Ancora di più le ripercussioni. Le spese incomprimibili – personale, gestione uffici, eccetera eccetera – sono circa la metà dei 699 milioni del bilancio di previsione. Numeri di una pesantezza unica. Le spese date in appalto, ovvero i servizi, sono le prime a rischio taglio. Intanto, è già accaduto: i musei civici non riaprono. "Rimetterli in funzione costerebbe un milione e mezzo di euro all’anno", dicono il sindaco e l’assessore Tommaso Sacchi. I servizi sociali, asili e materne sono coperti al cinquanta per cento dalle rette. Ma costano maledettamente in ragione del fatto che vengono appaltati all’esterno.

"Almeno mille persone lavorano appunto in appalto, tra sociale, istruzione, asili e anziani. Siamo preoccupatissimi". Le preoccupazioni di Jacopo Geirola, esponente della Cgil Fp, vengono rappresentate con ruvido realismo. "Proprio ora che servirebbe personale in più, a partire dai servizi per l’infanzia". Si auspicano e si attendono gli interventi dello Stato. "Se il governo non rispondesse alle esigenze rappresentate dai sindaci, in presenza di minori risorse, dovremmo ridurre i servizi", firmato Federico Gianassi, assessore al Bilancio. Attraverso il suo sindaco, Firenze invia messaggi al Presidente del Consiglio: più risorse per i Comuni, in particolare per i Comuni turistici come Firenze. In alternativa, saremo costretti a spegnere la luce. Lo scenario si presenta dunque buio. È precisamente questo: il Comune non più in grado di onorare i propri debiti, chiederebbe il dissesto, un commissario andrebbe ad affiancare la Giunta, elevando al massimo tasse e tariffe, vendendo immobili, palazzi e partecipazioni mobiliari. Un drammone da evitare. Firenze, per parare il rischio default, userà gli ottanta milioni destinati alle altre linee della tramvia per reinvestirli nella città. Messa in ginocchio e moribonda dall’assenza di turisti.

Franco Esposito