Mica fessi i nostri politici. E così, in vista dell’arrivo dei miliardi di euro del recovery fund, da impiegare per iniziative di sviluppo in tutto il Paese, come prima cosa hanno eliminato la responsabilità per danno erariale di amministratori e pubblici dipendenti, cioè di coloro i quali impegneranno quelle somme, se lo faranno trascurando il rispetto della legge e la cura dell’interesse pubblico. "Un’occasione storica" i fondi europei per il nostro Paese, "per superare le difficoltà economiche provocate dalla pandemia", ha detto il Comandante generale della Guardia di finanza, Gen. Giuseppe Zafarana, in un’intervista a Il Sole-24 Ore, segnalando che "il rischio d’infiltrazione della criminalità economica è grande". Ed ha delineato l’azione di contrasto del Corpo ai possibili illeciti, in coordinamento con le Procure della Repubblica e le Prefetture competenti per le verifiche antimafia. Non però con le Procure della Corte dei conti. Queste, infatti, sono state tagliate fuori dall’azione investigativa, da sempre dispiegata in collaborazione con le procure penali in ragione della speciale conoscenza delle procedure amministrative che hanno i magistrati contabili. Con una norma di straordinaria gravità, l’art. 21 del decreto legge n. 76 del 16 giugno 2020, in sede di semplificazione delle procedure amministrative, necessaria e da sempre invano auspicata, è stata prevista l’eliminazione della responsabilità per danno allo stato ed agli enti pubblici alla quale, in virtù dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono stati assoggettati finora gli amministratori ed i pubblici dipendenti i quali, con dolo o colpa grave, avessero causato un pregiudizio alla finanza o al patrimonio pubblico. Si è attuata in questo modo una sostanziale impunità, gabellata per semplificazione, come si legge nel preambolo del decreto legge, laddove la finalità indicata è quella "di agevolare gli investimenti e la realizzazione delle infrastrutture attraverso una serie di semplificazioni procedurali", comprese "misure di semplificazione in materia di … responsabilità del personale delle amministrazioni". Considerato che la "colpa grave" è quella straordinaria negligenza, trascuratezza e imperizia che realizza una condotta che i romani ritenevano fosse quella di chi non comprende ciò che tutti comprendono (non intelligere quod omnes intelligunt, scrive Ulpiano) e, pertanto, sostanzialmente equiparata al dolo, la scelta legislativa non appare certo razionale, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, in quanto, di fatto, assicura l’impunità a quanti agiscono in danno dello Stato. Sono gli sprechi sempre denunciati dall’opinione pubblica. E l’esperienza insegna che il funzionario responsabile di sprechi se non è un incapace è certamente un corrotto e nell’un caso e nell’altro i cittadini, nella veste di contribuenti, in quanto mettono a disposizione del pubblico erario, pagando imposte e tasse, le risorse attraverso le quali la pubblica amministrazione paga stipendi, eroga contributi, acquista beni, servizi e forniture, devono sapere che quelle condotte non saranno più punite. Anche la presunta natura "eccezionale e temporanea" della norma, della quale si sente dire a Palazzo Chigi, non appare condivisibile. Essa, infatti, ha decorrenza dalla sua emanazione con efficacia 31 luglio 2021, prorogata in sede di conversione del decreto al 31 dicembre. Ed è indubbio che la sua efficacia sarà ulteriormente prorogata in ragione della lunghezza dei procedimenti che comportano atti di più soggetti in più momenti. E per questi motivi, oltre che con l’art. 3, emerge anche un conflitto con l’art. 97 Cost., secondo il quale "i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione". Una norma che esclude che si possa richiedere il risarcimento a chi ha causato un danno erariale con colpa grave garantisce forse il "buon andamento"? Nei mesi precedenti, in preparazione della "riforma" della responsabilità, alcuni giornali avevano enfatizzato quella che è stata indicata come "la paura della firma", nonostante fosse evidente che la colpa grave individua una gravissima trascuratezza dei propri doveri professionali nella quale non potrebbe mai cadere un funzionario competente e attento. È, dunque, un falso problema quello di ritenere che esista una preoccupazione dei pubblici funzionari per effetto della presenza della giurisdizione contabile e della responsabilità erariale che non sembra gli stessi funzionari abbiano nei confronti delle procure penali che, come ha ricordato il Gen. Zaffarana, saranno attivate dalla Guardia di Finanza con poteri ben più penetranti (es. intercettazioni) di quelli delle procure contabili. Le considerazioni che precedono danno la misura della confusione che regna nella classe politica con l’effetto di abbassare il livello di legalità, di efficacia, di efficienza e di economicità dell’azione amministrativa.

SALVATORE SFRECOLA