Di Juan Raso

La settimana scorsa scrivevo che la solidarietá era un valore ormai in crisi, perché le nostre principali istituzioni sono in crisi. “Si lavora meno nelle fabbriche o negli uffici - dicevo -, cerchiamo di affermarci a partire da un concetto di indipendenza con cui ci distanziamo dagli altri, le stesse istituzioni - la Chiesa, il partito e il sindacato - sono in crisi. Dalla societá dei gruppi siamo passati alla societá degli individui”. Oggi mi correggo e affermo che le vecchie solidarietá sono in crisi, mentre ne nascono nuove, a partire da nuove espressioni di unione nel secolo XXI. Questo mio “ripensamento” sorge mentre cammino spensierato nei pressi di un centro commerciale di Montevideo e leggo - all’entrata di un negozio importante di moda per le donne - un cartello che dice: “Una empodera a muchas. Todas avanzan juntas” (che si potrebbe tradurre come Una rafforza molte; tutte avanzano insieme, anche se la traduzione non da il vero senso spagnolo della frase, che allude alla forza che deriva da ogni azione congiunta). Il cartello subito mi riporta alla questione della solidarietá. Mi faccio diverse domande: sono di fronte ad una espressione della cultura imprenditoriale che sottolinea il valore delle donne? E’ solo una pubblicitá per attirare il pubblico femminile? O é la voce di un gruppo di donne che promuove un’azione unita per opporsi a qualsiasi aggressione dei propri diritti? Forse il cartello risponde affermativamente alle tre domande e ognuno lo leggerá a suo modo. Ma su una cosa non ho dubbio: la frase é un’espressione della solidarita di genere - cioé del “genere femminile” - che si é venuta a creare specialmente negli ultimi due decenni. Mentre da una parte si sgretolano le solidarietá che caratterizzavano il secolo scorso, nascono nuove solidarietá nel secolo XXI, che rispondono alla volontá di accorciare diversi divari del passato: in primo luogo quello di genere, ma anche altri vincolati alla discriminazione per razza, le emigrazioni, la disabilitá, etc. Oggi continua ad essere ampio lo spazio differenziale tra la donna e l’uomo nel lavoro. Sebbene é possibile riscontrare una presenza sempre piú numerosa delle donne nelle diverse attivitá - e in specie nei servizi -, la differenza dei salari in pejus rispetto agli uomini e le difficoltá di accedere ai posti di direzione continuano a caratterizzare ampiamente tale diversitá. Va anche segnalato che in tempi di COVID le donne hanno un ruolo particolarmente attivo nelle strategie di protezione contro il virus, ma poco se ne parla. Infermiere, assistenti e personale di pulizia sono tra le professioni che operano nelle trincee della pandemia globale e in questi settori le donne rappresentano il 70% della forza lavoro, in particolare in settori come il sanitario e i diversi servizi di assistenza sociale. “Sono i veri eroi nella battaglia contro questo virus - dice l’economista Thera van Osch -, rischiando la loro stessa salute mentre sono sproporzionatamente esposti a pazienti infetti. Inoltre, anche la maggior parte degli assistenti nel settore sociale sono donne. Si prendono cura di bambini in età prescolare negli asili, e delle persone anziane nelle case di riposo, e visitano persone di tutte le età che necessitano assistenza, incluse persone con disabilità e persone malate che sono a casa. Con l’epidemia del Coronavirus c’è una crescente richiesta di questi assistenti per dare sostegno a persone infette a casa”. Ma, aggiunge, “le donne dominano nelle mansioni meno retribuite facendo la maggior parte del lavoro concreto a diretto contatto con pazienti, mentre gli uomini dominano nelle mansioni decisionali a più ampia distanza da pazienti”. Come reagiranno le organizzazioni sindacali di fronte alla questione di genere, dove le donne assumono ogni giorno di piú piena consapevolezza dei propri diritti? Se da una parte la solidarietá delle organizzazioni sindacali é in crisi, nascono nuove solidarietá che si distaccano da quelle antiche. Il dibattito - proiettato al mondo del lavoro, che é quello che io conosco - rende palese le sfide future delle organizzazioni sindacali. Infatti, il rischio é che il sindacato, se non apre nuovi spazi inclusivi, deva affrontare un indebolimento funzionale per due motivi: a) vanno scomparendo i lavoratori subordinati, che rappresentavano la “classe operaia”; b) nascono nuove solidarietá non costruite sulla nozione della subordinazione, ma sull’identitá di genere, razza, emigrazione, esclusione sociale. Chi rappresenterá nel futuro le lavoratrici? I sindacati o nuove organizzazioni nate nel comune impegno di genere? Riflettere su questi argomenti - e in particolare “pensare” le solidarietá nel secolo XXI - sará la principale sfida delle organizzazioni, qualsiasi sia il loro segno e obiettivo.