di James Hansen

 

L’Egitto è scosso da una​ fatwa​ sull’ammissibilità della ricostruzione dell’imene; cioè, la restituzione della verginità alle donne che sono state “sessualmente indiscrete” prima di convolare a giuste nozze.​

 

La verginità è un concetto abbastanza superato in Occidente, per quanto non da tantissimo, ma è una questione ancora molto dibattuta nell’Islam progressista egiziano. Il nuovo “sasso” è stato lanciato dallo Sceicco Ahmed Mamdouh, il “Segretario Generale per le​ Fatwa” del​ Dar al-Ifta, un’istituzione pilastro dell’Egitto che dal 1895 è incaricata di interpretare gli aspetti legali della fede islamica e dare autorevoli pareri al riguardo.

 

Mamdouh, attraverso la pagina Facebook dell’ente, ha dichiarato che interventi per la ricostruzione dell’imene sono “permissibili nei casi di stupro o quando una ragazza, dopo essere stata deflorata con l’inganno, se ne pente e vuole voltare pagina...” Ciò, secondo lui, perché: “Schernire le peccatrici... significa chiudere la porta alla misericordia e può spingerle alla disperazione o a commettere altri atti immorali”.​

 

Parte dell’opinione pubblica egiziana ha interpretato—negativamente — l’autorevole parere come una sorta di “invito al peccato”, per via della possibilità di riparare con comodo​ al malfatto, una sorta di frode al danno dell’eventuale futuro marito.

 

L’estrema attenzione alla verginità della sposa al momento delle nozze è (o almeno è stata) una caratteristica condivisa dalle tre grandi religioni abramitiche—il Cristianesimo, il Giudaismo e l’Islam— e non è sempre presente in altre fedi. Parrebbe nascere dalla cinica constatazione secondo cui “si sa con certezza chi è la madre, mentre del padre...” associata al forte imperativo di tenere unite sia le linee di discendenza sia quelle ereditarie, un’usanza che si esprime anche nella preferenza tradizionalmente accordata al primogenito di disporre del patrimonio familiare.

In quelle culture dove ancora vige l’esposizione dalla finestra del lenzuolo macchiato dal sangue della “prima notte”, la necessità sociale di poter confermare così di esserci arrivata ancora vergine fa sì che spesso si vieti alle giovani di andare a cavallo o in bici, rischiando secondo la credenza popolare la rottura accidentale e “fuori tempo” dell’imene.

Non è chiaro come andrà a finire per la scandalosa fatwa lanciata da Ahmed Mamdouh, tra le massime e più rispettate autorità del suo paese in materia di moralità “lecita”, ma non nuovo a pronunciamenti tacciabili di occidentalismo. Nel 2017 ha opinato che la celebrazione di San Valentino come “Festa degli innamorati” non fosse espressamente vietata dall’Islam, “...a patto che si tratti di esprimere le emozioni all’interno della legge islamica, attraverso lo scambio di piccoli regali e di parole gentili”.

La festa, di ovvia origine cristiana e potenzialmente causa di effusioni affettuose, è popolare tra i giovani egiziani ma criticata dalle autorità religiose islamiche più conservatrici, come lo Sceicco saudita Muhammad ibn al Uthaymeen, che l’ha bollata “una cattiva innovazione che... scatena le passioni e il desiderio, occupando la mente con pensieri futili...” Figuriamoci cosa potrebbe pensare della riparazione dell’imene...