L'ex premier Giuseppe Conte (foto: depositphotos)

La manovra di Conte di scaricare sul governo Draghi la responsabilità del decadimento politico ed elettorale del Movimento 5Stelle appare un disperato e vano tentativo di recuperare consensi. Assistiamo alle convulsioni di un movimento che si va dissolvendo: votare la fiducia al governo per poi abbandonare l'aula quando si tratta di ratificare il decreto sugli aiuti alle famiglie e alle imprese, prendersela con il termovalorizzatore da realizzare in una Roma sommersa dai rifiuti, minacciare fuoco e fiamme nel successivo voto al Senato per poi aggrapparsi agli esiti del confronto tra governo e sindacati per evitare la crisi che condurrebbe ad un fatale voto anticipato.

Siamo alla caduta nel nulla del movimento 5Stelle. Difficile che qualcosa risorga dalle macerie in cui si consuma il populismo grillino. Se le cose stanno così ne consegue una conclusione politica difficilmente eludibile. Una alleanza politico elettorale con i resti del grillismo in vista del voto del 2023 non avrebbe alcuna capacità espansiva né sarebbe in grado di persuadere gli italiani che su quelle basi politiche potrebbe nascere un governo all'altezza dei problemi. Prima o poi occorrerà chiedersi come sia stato possibile aver pensato di legare la sorte della sinistra e del Pd al carro di Grillo e di un Conte mosso da una parzialità fanatica verso il governo Draghi. Un errore che ha impedito al Pd di consolidare i caratteri politici ed elettorali di forza centrale della politica italiana.

Se questa è la condizione del centro sinistra non pare che le cose stiano meglio sull'altro fronte. Una coalizione segnata da contrasti, rivalità e divisioni.  La via maestra sarebbe la presa d'atto di uno stato di fatto: non è credibile affrontare il voto del 2023 con il vecchio bipolarismo. Nessuna delle due coalizioni sarebbe dotata di quel minimo di omogeneità politica per governare decentemente un Paese che deve misurarsi con sfide di estrema complessità. Le ultime dichiarazioni del signore del Cremlino rendono indispensabile una linea di fermezza nel contrastare le ambizioni imperiali russe. Le ambiguità della Lega di Salvini (con alcune eccezioni) e dei grillini di Conte a dichiarare da che parte stare tra autocrazie e democrazia impedirebbero all'Italia di assolvere al proprio ruolo nel quadro della Alleanza atlantica e dell'Unione europea.

Lo stesso accadrebbe per quanto riguarda le politiche per affrontare i problemi strutturali della nostra economia. Occorre un atto di chiarezza politica. Forse una legge elettorale alla tedesca con uno sbarramento al 5% potrebbe essere la via per rompere la camicia di forza di uno schema bipolare non in grado di fornire decenti soluzioni di governo. C'è il tempo per farcela? C'è la volontà politica? Non sarà facile convincere il centro destra. Così come arduo decidere una soglia alta: per impedirlo i gruppetti che si proclamano di centro o di sinistra farebbero le barricate. Non è da escluderà quindi che permanga l'attuale legge. Comprendo le ragioni della cautela con cui Enrico Letta affronta la questione.

Avanzo tuttavia una possibile linea di condotta per il Pd se il tentativo di una nuova legge elettorale non andasse in porto o se la situazione politica precipitasse. Non impegnarsi nella ricerca di coalizioni fasulle, che stanno in piedi a stento e per puri motivi di interesse. Essere allo stesso tempo fortemente aperti ad intessere convergenze con autentiche realtà civiche, con personalità e forze che si riconoscono nei valori sostenuti dai democratici. Una tale scelta consentirebbe di evitare per i collegi uninominali una spartizione di candidature con presunti e infidi "alleati". Collegi nei quali andrebbero invece accolti con grande intelligenza e apertura figure coerenti con le battaglie politiche e civili sostenute in questi anni e con una forte cultura di governo.

Mi rendo conto dei rischi che comporta una tale scelta ma quale è l'alternativa? Un accrocchio con quel che resta del grillismo? Dove condurrebbe? E che ne sarebbe del profilo di governo e delle ambizioni riformatrici del Pd? In realtà un Pd aperto alla società civile, al mondo del lavoro e della impresa, consapevole di aver in questi difficili anni servito e difeso il Paese, potrebbe rivolgersi agli italiani senza il condizionamento di coalizioni che non si nutrono di progetti comuni e di stima personale e sottrarsi al ricatto di gruppi e gruppetti privi di reali rapporti con la società italiana ma solo alla ricerca di candidature e prebende. Un azzardo? Un disegno irrealistico? Staremo a vedere.