Joe Biden (depositphotos)

di Lorenzo Santucci

Il miglior regalo che l'Ucraina potesse ricevere, nel giorno in cui celebra senza festeggiamenti il trentunesimo anniversario dell'indipendenza dall'Unione Sovietica, è arrivato dagli Stati Uniti sotto forma di aiuti militari. Da Washington, un "orgoglioso" Joe Biden ha annunciato un nuovo pacchetto, il più ampio mai donato dalla sua amministrazione al Paese invaso lo scorso 24 febbraio. Si tratta di poco meno di 3 miliardi di dollari, che "consentiranno all'Ucraina di acquisire sistemi di difesa, di artiglieria e munizioni, sistemi aerei senza pilota e radar per garantire che possa continuare a difendersi", ha dichiarato Biden elogiando "lo straordinario coraggio e la dedizione alla libertà" mostrata dagli ucraini. I soldi sono stati presi dal fondo Ukraine Security Assistance Initiative, con cui il Congresso ha permesso all'amministrazione democratica di procurarsi armi senza spolpare l'industria interna. Da quando il presidente americano si è insediato alla Casa Bianca, il supporto militare a Kiev è costato in tutto 10,6 miliardi di dollari, suddivisi in diciannove tranche. Quest'ultima assume però un valore diverso dalle altre. "L'inverno sta arrivando e sarà dura" ha annunciato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che all'orizzonte vede "una stridente guerra di logoramento". Se prima d'ora gli aiuti sono stati necessari per sopperire alle necessità di prima emergenza, adesso invece "dobbiamo continuare a fornire sostegno a lungo termine all'Ucraina, in modo che prevalga come nazione sovrana e indipendente". Caratteristiche che le appartengono da quel 24 agosto del 1991 ma che, da sei mesi a questa parte, la Russia sta tentando di strapparle con la forza. Siccome potrebbero non bastare altrettanti mesi prima che la guerra si concluda, gli Stati Uniti intendono quindi mostrarsi fedeli alleati fino in fondo.

Una fedeltà che si traduce in droni Puma (piccoli, da lanciare a mano, utili nella sorveglianza e per catturare informazioni), Scaneagle (dalla lunga autonomia, che sfiora le venti ore) e British Vampire (mai inviati fino ad oggi), a cui si aggiungono armi e munizioni per rinforzare la difesa ucraina dei prossimi anni. Al fianco di Kiev, tuttavia, non ci sono solamente gli Stati Uniti. Gli stessi ragionamenti, seppur meno consistenti in termini economici, li stanno infatti portando avanti Germania e Canada. Il cancelliere Olaf Scholz, in un videomessaggio trasmesso in occasione della giornata dell'indipendenza ucraina, ha ricordato che l'aiuto tedesco ammonta a oltre 500 milioni di euro ma non intende fermarsi qui. "Continueremo a consegnare armi, dai panzer" fino a quelle "di difesa antiaerea, mese dopo mese". Così come Berlino non cesserà di "addestrare soldati ucraini" e proseguirà "con le sanzioni e il sostegno economico". L'appoggio di Berlino includerà lanciarazzi, nuove munizioni, tre sistemi di difesa aerea a lungo raggio Iris-T e altri anti-drone, circa dodici veicoli corazzati, ma l'Ucraina chiede uno sforzo in più. In un'intervista rilasciata alla tv pubblica tedesca Ard, il ministro della Difesa ucraino, Oleksij Reznikov, ha dichiarato di essere a conoscenza che "avete tanti carri armati Leopard. E che anche i nostri partner comuni in diversi Paesi li hanno. Potreste dare loro il permesso di consegnarli a noi. Per questo chiediamo ai tedeschi: dateci gli strumenti e noi faremo il lavoro". Sul pacchetto di aiuti militari ideato dal governo Scholz sarà prima chiamato ad esprimersi il Bundestag. Solo dopo la sua approvazione potrà essere indirizzato all'Ucraina, che ne riceverà una prima parte. La restante non sarà consegnata prima di un anno, a conferma di come in pochi credano in una rapida risoluzione del conflitto. Ne è convinto anche il primo ministro canadese Justin Trudeau, che ha annunciato due progetti dal valore complessivo di 3,85 milioni di dollari. Circa 2,9 milioni finiranno in investimenti per le forze di polizia ucraine e altri servizi di primaria emergenza, mentre gli altri 950 mila dollari saranno utilizzati per supportare il dicastero del ministro Reznikov. Altri micro-droni Teledyne Flir Black Hornet arriveranno congiuntamente da Gran Bretagna e Norvegia fra qualche tempo. Oslo fornirà aiuti per 9,25 milioni di dollari, Londra invece continua a dimostrarsi la migliore amica di Kiev donando al suo esercito oltre mille droni e munizioni per un valore di 64 milioni di dollari. Mezzi che condurranno l'Ucraina "un passo avanti rispetto alle attuali capacità di sorveglianza a lungo raggio e difensive", scrivono dal governo di Sua Maestà. A portare la buona nuova è stato lo stesso Boris Johnson, atterrato a Kiev questa mattina dove ha ricevuto la massima onorificenza ucraina e poi a passeggio per le strade di Kiev al fianco di Zelensky, in quella che con molta probabilità è la sua ultima visita in Ucraina nelle vesti di primo ministro.

Dopo mezzo anno di combattimenti, la situazione sul campo appare di stallo totale. Ormai da settimane i due eserciti si fronteggiano a colpi di artiglieria, senza guadagnare centimetri né avanzare nelle loro posizioni. La pausa, se così è corretto definirla visto che soldati e civili continuano a morire, è stata spacciata dal ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, come un gesto di umanità da parte di Mosca. Il Cremlino "sta facendo di tutto per evitare vittime civili. Naturalmente questo rallenta il ritmo dell'offensiva, ma lo stiamo facendo deliberatamente", ha dichiarato dall'Uzbekistan di fronte ai suoi omologhi dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, a cui prendono parte i Paesi -Stan, Cina e Russia. Una versione che non trova per nulla d'accordo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che al contrario temeva "ripugnanti provocazioni" in vista del giorno dell'Indipendenza anche nella capitale, a pochi giorni dalla morte di Darya Dugina, la figlia di Alexander Dugin, che ha alzato ancor di più la tensione. "È un giorno importante per tutti noi ed è per questo che, purtroppo, è importante anche per il nostro nemico", aveva dichiarato ieri. La festa è stata dunque guastata dalla paura di nuovi e più crudeli attacchi, arrivati puntuali quest'oggi nella regione di Kharkiv e nel Donbass. Il bilancio dei bombardamenti piovuti dal cielo di Derhachi e Mala Danylvka parla fortunatamente di soli due feirti, ma le autorità continuano ad invitare la popolazione a rimanere nelle proprie case, seppur restino un bersaglio dei russi. Vietati anche i raduni di massa fino a domani.

A differenza di tutti gli anniversari che si sono succeduti dal 1991, stamattina per le strade della capitale ucraina c'erano poche persone. Alcune hanno camminato tra i carri armati russi distrutti esposti nel centro di Kiev: seppur l'esercito di Vladimir Putin non è riuscito ad espugnare la città, ad ogni modo potrebbe essere un obiettivo caldo da qui alle prossime ventiquattro ore. Secondo fonti locali, da questa mattina le sirene antiaeree sono risuonate cinque volte nella capitale. Nonostante i timori di nuovi attacchi con cui convivono i suoi concittadini, Zelensky ha comunque cercato di rilanciare la resistenza: "Non ci interessa quali esercito hai, ci interessa solo della nostra terra. Combatteremo per lei fino alla fine". Un segnale lanciato simbolicamente all'Orso russo anche tramite i colori ucraini, come il giallo e il blu dei fiori che oggi il presidente ha deposto davanti al Muro della Memoria dei Difensori caduti di Kiev, insieme alla moglie Olena. O come quelli della bandiera ucraina, innalzata trentuno anni fa nella sala riunioni della Verkhovna Rada (il parlamento monocamerale) e che tornerà di nuovo a sventolare "dove dovrebbe giustamente essere, in tutte le città e i villaggi temporaneamente occupati". Per Zelensky è inclusa anche la Crimea, che andrà liberata dai russi: la guerra "finirà dove è iniziata", ha promesso. Il governo ucraino esclude qualsiasi compromesso tra le parti che preveda la cessazione di una parte del suo territorio, poiché la paura che l'incubo continui è vivo ma non sarà il motivo che lo porterà al tavolo delle trattative, "con una pistola puntata alla testa. Per noi", ha chiarito Zelensky, "il ferro più terribile non sono i missili, gli aerei e i carri armati, ma le catene. Non trincee, ma gabbie".

Circostanze che portano a dedurre come un accordo è ancora lontano dall'essere trovato. A sei mesi dall'invasione, mancano le condizioni - da una parte e dell'altra - affinché ci si possa parlare per trovare un'intesa. A dettare le condizioni per arrivarci sarà solo il campo di battaglia dove le armi giocheranno un ruolo decisivo. Dagli alleati dell'Ucraina ne stanno arrivando di nuove e più potenti, con la convinzione che possano darle una mano per raggiungere il suo obiettivo ultimo, cambiato rispetto a febbraio anche grazie a loro. Come ha ricordato Zelensky, se prima per l'Ucraina la fine della guerra equivaleva alla pace, "ora diciamo la vittoria".