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Mentre l'Italia sembra destinata ad avere per la prima volta una donna (di destra) alla presidenza del Consiglio, "il Parlamento che verrà avrà ancora meno donne di quello uscito dalle urne nel 2018: dal 35% di allora al 31% di oggi", spiega all'ANSA Flaminia Saccà, professoressa di Sociologia dei fenomeni politici all'Università La Sapienza di Roma. E' il primo calo in oltre 20 anni, dalla XIV legislatura del 2001 con il 10,17% in leggera crescita sulla precedente, il progresso era stato evidente: 15,94% nella XV, 19,63 nella XVI, 30,11 nella XVII e 35 nella XVIII. Non solo: le donne hanno anche votato meno. "Sono il 51,74% degli aventi diritto al voto. Ma il 25 settembre scorso si è recato al voto il 65,74% degli uomini e il 62,19% di donne", spiega Davide Del Monte di onData.
"In quasi 9 comuni su 10 (87,18%) l'affluenza maschile è maggiore di quella femminile. Male Napoli dove la percentuale di votanti è del 52% tra gli uomini e del 46% tra le donne. Tra le grandi città la peggiore è Catanzaro, con una differenza del 7,26% tra uomini e donne. C'è una minore propensione al voto da parte delle donne". La vittoria del centrodestra guidato da una donna, quindi, è frutto di un voto "fatto principalmente da uomini". Ma in cui, "quando le donne hanno fatto lo sforzo di uscire di casa per andare a votare, hanno scelto in maggioranza Fratelli d'Italia", aggiunge Saccà. Il 27% dell'elettorato femminile, infatti, ha optato per Fratelli d'Italia. Il 21% per il Pd, il 15% per il M5s. "I partiti che pure hanno fatto della parità di genere un punto di forza dei propri programmi, come il Pd, non sono riusciti a eleggere le donne in condizione paritaria", spiega Saccà. "Troviamo più donne elette nel partito di Calenda e nel Movimento 5 Stelle".