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di Silvana Mangione

Nella sua risoluzione finale, il "Convegno di Montecatini sulle iniziative per l'insegnamento e la diffusione della lingua e cultura italiana all'estero nel quadro della promozione culturale e della cooperazione internazionale" voluto e organizzato nel 1996 da CGIE e Ministero degli Affari Esteri, sostenne l'urgente esigenza della definizione di un "progetto organico di politica culturale", che diventasse parte effettivamente integrante della politica estera dell'Italia. Per questo chiedevamo al Governo e al Parlamento di prendere coscienza che "più ancora che in altri Paesi industrializzati l'investimento più valido per l'Italia è quello della promozione e diffusione di un patrimonio linguistico e culturale unico al mondo". Chiedevamo che si istituisse un tavolo di coordinamento dei diversi livelli di attuazione del progetto e che si procedesse al più presto all'adozione della normativa necessaria. Il Governo Prodi, di brevissima durata (maggio 1996 – ottobre 1998) introdusse nella legge finanziaria un forte stanziamento a favore della promozione dell'insegnamento di lingua e cultura italiana all'estero, poi progressivamente decurtato fino ai minimi termini. Il fronte degli addetti era – ed è ancora – molto sfaccettato e pieno di enti diversi cui altri si aggiungono a ogni cambiamento di legislatura e di governo. Ci sono gli Istituti Italiani di Cultura nel mondo; le Università che si muovono ognuna per conto suo nel firmare alleanze e accordi con atenei stranieri; Scuole di ogni genere e grado, paritarie, parificate e così via; enti gestori dei corsi di italiano; enti di formazione; scuole private straniere che insegnano le lingue a pagamento e non fanno parte dei sistemi scolastici locali; doposcuola per adulti e bambini spesso insegnati da chi non han le qualifiche per essere assunto nelle scuole pubbliche e crede che il fatto di parlare italiano sia preparazione sufficiente alla docenza. A causa del solito ritardo nell'adeguare le leggi ai buoni propositi, le tre grandi aree continentali: Europa, America Latina, Paesi anglofoni extraeuropei (Australia, Canada, Stati Uniti e Sudafrica) proseguirono autonomamente, creando diversi modelli di concreta diffusione della conoscenza della nostra lingua e della nostra cultura. In America Latina fiorirono le scuole bi- o trilingui, in cui le materie previste dai sistemi locali vengono tuttora insegnate in spagnolo o portoghese e italiano, spesso con l'aggiunta dell'inglese, e i titoli di studio sono convalidati anche dall'Italia. L'Europa ha costruito, attraverso gli enti gestori locali e le associazioni delle famiglie degli alunni, un quadro di interventi che mostra variazioni rispondenti ai requisiti richiesti dai diversi Paesi e dall'unione Europea. Il Sudafrica conta su una forte rete di presenze della Dante Alighieri. Nel vuoto legislativo in materia, Australia, Canada e USA sono stati gli antesignani di un nuovo movimento. In questi Paesi: "acquisition of knowledge is a consumer's good", le materie studiate a scuola sono un bene di consumo finalizzato alla conquista del futuro successo professionale. Per questo, il dettame della legge 153/1971, per cui l'italiano deve essere insegnato soltanto ai lavoratori italiani all'estero e famiglie, è la campana a morto della diffusione della nostra cultura fuori dai "ghetti" linguistici comunitari. Gli enti gestori cominciarono quindi a inserire nel curriculum obbligatorio delle scuole locali i corsi di italiano, finanziandoli in parte, applicando i principi di marketing alla promozione di una lingua di cultura, di business, di fulgide carriere, per tutti i giovani, a prescindere dalla loro nazionalità o paese d'origine. La cosa ha funzionato e il MAE non si è opposto. Tutto il mondo ha dovuto attendere il decreto legislativo n. 64 del 13 aprile 2017, denominato "Disciplina delle scuole italiane all'estero, a norma dell'Art. 1, commi 180 e 181, lettera h, della legge 13 luglio 2015" altrimenti detta legge sulla "buona scuola", per la quale avevamo lottato con le unghie e coi denti per inserire fra le realtà dell'insegnamento fuori dai confini anche gli enti gestori. Il cammino, che sembrava semplificato, si è riempito di ostacoli burocratici. L'applicazione della legge 153/1971 e l'amministrazione dei relativi fondi era sempre stata appannaggio della Direzione Generale degli Italiani all'Estero – DGIT della Farnesina. Tra il 2011 e il 2013 era stata fatta una revisione degli enti, per eliminare quelli inesistenti o improduttivi. L'Ufficio preposto aveva raccolto i suggerimenti di promozione dell'insegnamento a tutti, a prescindere dalla cittadinanza o discendenza italiana, e aveva appoggiato i primi corsi di lingua fruibili anche in classe su dispositivi elettronici e i corsi di formazione online somministrati dalle migliori Università italiane ai docenti all'estero. L'Italia si stava innamorando del concetto di Sistema Paese da  internazionalizzare anche attraverso l'insegnamento dell'italiano, quindi, il rapporto con gli enti gestori fu spostato dalla DGIT alla DGSP – Direzione Generale del Sistema Paese, dove fiorì fino al 2019. Poi, si avviò la definizione di una nuova circolare ministeriale per normare le attività degli enti gestori alla luce di questa nuova concezione dell'importanza della diffusione dell'italiano. La gestazione fu lunga e travagliata. Il risultato ha provocato un terremoto in tutto il mondo. La circolare, che richiede una serie di procedure complicate, con la presentazione di singoli progetti, una tempistica di approvazione delle proposte e dell'erogazione dei fondi che non viene rispettata, un congruo contributo anche finanziario da parte degli enti, è stata emanata nel settembre 2019 a valere dal 2020 e applicata ex novo in pieno scoppio della pandemia. Molti enti non ce l'hanno fatta e hanno cessato le attività. Altri lottano per sopravvivere. Il cerino acceso è stato passato alla neonata Direzione Generale della Diplomazia Politica Culturale – DGDPC, che ha assunto le proprie funzioni il primo gennaio di quest'anno. È troppo presto per trarne le conclusioni. Nel frattempo, scuole e enti gestori arrancano. La contraddizione finale consiste nel fatto che i corsi per adulti previsti dalla sempre vigente legge 153/1971 non sono più finanziabili, secondo quanto deciso dalla nuova circolare.