di ANONIMO NAPOLETANO

A Bari e dintorni c'era una cricca che comprava pacchetti di voti per le elezioni comunali, in qualche caso anche con l'aiuto della criminalità organizzata locale. È la pesante tesi sostenuta dalla Procura antimafia del capoluogo pugliese che ha portato ad arrestare 19 persone ed indagarne altre 28. In cella è finita anche una consigliera comunale barese, Francesca Ferri, 44 anni, eletta col centrodestra ma poi passata nel centrosinistra, a dimostrazione che il colore politico è solo un optional. Arrestato anche il compagno, Filippo Dentamaro, 35 anni. Ai domiciliari un altro personaggio eccellente, l'imprenditore Nicola Canonico, ex consigliere comunale e regionale, attuale presidente del Foggia Calcio, che milita in serie C.

Le elezioni finite sotto la lente dell'antimafia sono quelle del Comune di Bari e quelle del più piccolo comune di Valenzano, entrambe nel 2019. Nel primo caso, secondo le accuse, i voti venivano comprati a un prezzo che oscillava dai 25 ai 50 euro ciascuno. Lo schema era affidarsi a “procacciatori” di voti, con tanto di mappatura, censimento degli elettori ed un garante per dirimere ogni eventuale controversia. Invece, a Valenzano lo scambio illecito sarebbe stato basato su un presunto patto mafioso con i clan che avevano il pieno controllo del paese. In particolare con il presunto boss della Sacra Corona Salvatore Buscemi.

Secondo il procuratore della repubblica di Bari, Roberto Rossi, «questo gruppo criminale ha avuto una capacità di penetrazione nel mondo politico attraverso un'interferenza con i processi democratici». Secondo quanto accertato dagli inquirenti, per le amministrative di Bari fu Canonico a creare la lista civica “Sport Bari”, nel maggio del 2019, a sostegno del candidato sindaco del centrodestra Pasquale Di Rella (che non è indagato) e nella quale si candidò, poi eletta al consiglio comunale, Francesca Ferri. Per quest'ultima, scrivono i giudici, «l'attività investigativa ha dimostrato come la stessa, attraverso il ripetuto ricorso a condotte oltremodo spregiudicate, abbia di fatto impostato il suo intero percorso politico sul malaffare». E su questo presupposto puntava - secondo i pm - a conquistare un seggio alle regionali del 2020.

La Ferri fu candidata con “La Puglia domani” a sostegno del candidato governatore e oggi ministro Raffaele Fitto (estraneo alle indagini), ma la consigliera comunale ottenne “solo” 1.976 preferenze nella circoscrizione di Bari e non fu eletta. Nicola Canonico invece, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, «costituiva per carisma, forza economica ed esperienza politica la figura di vertice del gruppo; garante del risultato dell'illecita impresa e degli equilibri economici sottesi agli accordi corruttivi». Per questi fatti il gip ha contestato i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale.

Lo stesso sistema Ferri e Dentamaro pochi mesi dopo lo avrebbero “trasferito” a Valenzano, comune in provincia di Bari già sciolto nel 2017 per infiltrazioni mafiose, dove i due avrebbero cercato, con il sostegno di Buscemi, di assicurarsi l'elezione in consiglio comunale di candidati a loro vicini. In cambio del suo “supporto” a Buscemi erano state promesse modifiche al piano regolatore per facilitare suoi possibili futuri progetti. Per questa seconda vicenda il gip ha contestato lo scambio elettorale politico-mafioso. In diversi passaggi dell'ordinanza si evidenzia l'intesa tra Dentamaro e il presunto capo clan Buscemi. «Vuole conquistare il consiglio comunale di Valenzano - scrivono i giudici riferendosi a Dentamaro - con qualsiasi mezzo e, chiaramente, quello più facile è avvalersi del peso che Salvatore Buscemi può fornirgli».

L'indagine ha portato anche a una decina di arresti di persone ritenute appartenenti a un'associazione mafiosa operante a Valenzano. A Bari invece il funzionamento era diverso e non ne avrebbero fruito solo la coppia Dentamaro-Ferri. I “portatori di preferenze” consegnavano soldi agli elettori persino nei pressi delle sezioni elettorali, pochi minuti prima che entrassero a votare. Dall'inchiesta emerge l'esistenza di un sistema di compravendita di voti che a Bari verrebbe sistematicamente utilizzato in occasione di tutte le competizioni elettorali. Nelle quali alcuni candidati comprerebbero pacchetti dai “portatori”, i quali a loro volta non disdegnerebbero di rivolgersi anche alla criminalità organizzata.

E nello stesso modo – spiega in una intercettazione un uomo non identificato a Ferri e Dentamaro - avrebbero fatto anche altri esponenti politici locali. I nomi fatti nelle conversazioni registrate dalle microspie della Procura sono di esponenti della destra e della sinistra, qualcuno che ha ottenuto importanti cariche istituzionali in passato, altri che in carica lo sono tuttora e che sarebbero stati sponsorizzati dal clan Parisi di Japigia.