Di OTTORINO GURGO

È evidente che la politica italiana viva in una condizione di instabilità. Ad ogni elezione mutano i rapporti di forza tra i partiti e con ricorrente frequenza cambiano le alleanze e le formule di governo. È questa una delle principali differenze con la cosiddetta Prima Repubblica nella quale la situazione rimaneva quasi sempre sostanzialmente immutata. È ora alle porte un evento che potremmo in qualche misura definire eccezionale, vale a dire l'elezione del nuovo presidente della Repubblica che, probabilmente non soltanto porterà al Quirinale un nuovo inquilino, ma concorrerà a delineare un nuovo assetto che potrebbe porre termine alla fase politica che stiamo attualmente vivendo per inaugurarne una nuova che si potrebbe anche definire Terza Repubblica.. Non è un caso, perciò, che, in vista dell'appuntamento di febbraio, leader e partiti stiano attraversando un periodo di nervosismo crescente, quasi avvertissero i sintomi della mutazione che sta per verificarsi. Il sistema, così come negli ultimi tempi si è andato evolvendo, non regge più. Fa acqua da tutte le parti, rivela la propria assoluta inadeguatezza a far fronte alla nuova situazione sociale che s'è andata determinando. E allora, a prescindere dalla lotta per le candidature che, sia pur sotterraneamente, sta già infuriando, le forze politiche potrebbero cogliere l'occasione dell'ormai imminente elezione del nuovo capo dello Stato per compiere una ripartenza che non può non essere incentrata su un'ampia riforma di quelle istituzioni che, con il tempo, come abbiamo detto, sono andate logorando sempre più. Favorire questa riforma dovrebbe essere anche il compito del futuro inquilino del Quirinale. Se si riuscisse, quindi, a legarne l'elezione ad un progetto di questo tipo, la "guerra dei candidati" e la scelta del successore di Sergio Mattarella potrebbero assumere un significato nuovo. Parliamoci chiaro: i partiti o, meglio, quel che dei partiti resta, hanno dato e continuano a dare una pessima prova di sé alimentando la sfiducia e il distacco dell'opinione pubblica dal mondo della politica di cui da evidente dimostrazione la progressiva crescita dell'astensione degli elettori dalle urne: un fenomeno che va assumendo dimensioni a dir poco drammatiche e delle quali la classe politica dovrà pur farsi carico.. L'elezione del nuovo capo dello Stato può essere, dunque, l'occasione per una inversione di tendenza; per ricominciare prendendo atto del fallimento della Seconda Repubblica che è venuta meno al proprio compito, al punto di far sempre più rimpiangere la Prima. È, dunque, un' appuntamento da non perdere anche per rialzare il livello della politica che, riconosciamolo, è ormai sceso ad un livello a dir poco mortificante.. Si tratta, insomma di volare alto, almeno per una volta, di sottrarre la scelta di colui al quale spetterà il ruolo di primo cittadino della nostra Repubblica, alle piccole, mediocri, meschine manovre alle quali, purtroppo, stiamo già assistendo in questi giorni. Quel che occorre è creare le premesse per una nuova Repubblica, non stabilire se, dopo il voto, si dovrà andare o meno a elezioni anticipate.