Una votazione per grandi elettori vaccinati. Per il nuovo Presidente della Repubblica potrebbe essere necessario esibire il super green pass. Non appena il governo deciderà di estendere l’impiego della certificazione in versione rafforzata per tutti i lavoratori, la Camera, secondo quanto apprende Huffpost, si adeguerà. Se questo dovesse accadere, come è ormai dato per assodato, prima del 24 gennaio (la data non è ancora ufficiale ma resta l’ipotesi principale secondo varie fonti), la conseguenza sarebbe inevitabile. Del resto, è il ragionamento che circola ai vertici di Montecitorio, la posizione è quella di allineare il Parlamento al resto del Paese, compreso l’accesso ai luoghi di lavoro. È già accaduto con l’uso del green pass semplice e con l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto. I dispositivi di protezione, infatti, devono essere portati anche negli spazi esterni al Palazzo di Montecitorio. La decisione del prossimo consiglio dei ministri rischia di produrre un forte impatto anche sull’elezione dell’erede di Sergio Mattarella, con un prevedibile corollario di polemiche. L’esibizione del super green pass fa decadere l’ipotesi di tampone obbligatorio, come era circolato nei giorni scorsi su proposta di alcuni parlamentari. Il test resterà quindi volontario, diventando un tema secondario.

Ma quella della certificazione verde rafforzata potrebbe non essere l’unica novità per quanto riguarda le misure anti-Covid. Nei corridoi di Montecitorio sta crescendo l’apprensione: si punta a individuare il mix esatto tra sicurezza dei grandi elettori e la necessità di limitare le conseguenze del virus sull’esito della votazione. Un problema, in ogni caso, resta intatto: i grandi elettori risultati positivi dovranno rispettare l’isolamento, per loro non ci sarà alcun accesso al Palazzo. I contatti stretti di positivi sono “stati salvati” dalle recenti misure modificate dal governo, ma anche in questo caso è una disposizione valida solo per chi ha ricevuto la terza dose di vaccino o la seconda entro i quattro mesi. Chi non risponde a questi requisiti dovrà comunque osservare la quarantena in caso di “contratto stretto”.

Così, in un clima di crescente incertezza, i tecnici consultati dall’ufficio di presidenza - una sorta di Cts della Camera - stanno facendo in queste ore le valutazioni sanitarie sulla base alla situazione epidemiologica nel Paese. Alla fine del confronto, saranno trasmesse le conclusioni al collegio dei questori, che l’11 gennaio dovrebbero ufficializzare le novità. Di sicuro è un processo in costante evoluzione, spiega chi segue da vicino il dossier, perché se si abbassa la curva epidemiologica non ci saranno interventi drastici, ma se il numero di casi quotidiani continuasse a crescere esponenzialmente, la situazione potrebbe richiedere un giro di vite più deciso. A quel punto nulla può sarebbe da escludere, anche se l’intento è di far prevalere l’orientamento resta quello “aperturista”.

La votazione del Presidente della Repubblica seguirà il “modello fiducia”, riproponendo quanto accade durante la “chiama” per il voto della fiducia al governo. Ci sarà una suddivisione per lettera con i grandi elettori, che si sistemeranno al di fuori dell’Aula in attesa della propria iniziale, per evitare la formazione della calca nell’emiciclo. Il problema, tuttavia, rischia di spostarsi negli altri luoghi del Palazzo dove è difficile gestire la possibile formazione di capannelli. In quel caso ci si affiderà alle precauzioni dei diretti interessati. Sembra quasi scontata, poi, la riduzione delle votazioni giornaliere, da due a una. Tra la “processione al catafalco” di ogni grande elettore, sotto l’egida delle procedure anti-Covid, e le sanificazioni richieste negli spazi in comune, la durata dell’operazione di voto è stimata in 6-7 ore. Il rovescio della medaglia è quella della dilatazione dei giorni necessari a indicare il capo dello Stato.

Intanto, per scongiurare un sovraffollamento nelle aule, dal 15 gennaio non sarà possibile prenotare gli spazi di Montecitorio per qualsiasi evento, comprese assemblee e riunioni interne. Ma il problema non viene risolto alla base: ogni deputato può convocare riunioni informali all’interno dei propri uffici. Un fatto è comunque certo. La Camera tornerà a riunirsi lunedì 10 gennaio facendo le prime prove contro possibili assembramenti, soprattutto nella settimana che inizia il 17, quando all’ordine del giorno, ironia della sorte, ci sarà il decreto green pass.