Il palazzo del Quirinale (foto depositphotos)

Sergio Mattarella è stato rieletto con oltre i due terzi dei voti di un Parlamento schiacciato dalla propria incapacità di trovare una soluzione veramente super partes. Il paragone vaticanense del titolo che abbiamo scelto non sia preso come un insulto, ma come la descrizione del parto travagliato dell’unico risultato possibile, auspicabile, valido, intelligente, che risponde all’attuale realtà italiana e protegge il riguadagnato rispetto dell’Italia a livello internazionale. 

I commenti alla fumata bianca sono arrivati in tempo reale da tutto il mondo, in ordine di arrivo, da parte della Francia, dell’Unione Europea, della Germania, degli Stati Uniti e via cantando. Portavano con sé l’eco di un enorme sospiro di sollievo. Nei tempi difficili, che stiamo vivendo ovunque, abbiamo bisogno di tornare al vero senso di quella Realpolitik, che non può essere gestita dal miserabile teatrino dei pupi cui abbiamo assistito attoniti. Ventidue candidati proposti da Salvini, che se ne gloriava come se stesse parlando di una entry al Guinness Book of Records o vendendo qualcosa un tanto al chilo al mercato. Le posizioni della Vispa Teresa con l’unico obiettivo di dimostrare che la sua compagine non si piega perché guidata da una lider maxima: Viva la Duce! Il Cavaliere che tesse per settimane la soap opera della propria elezione a Capo dello Stato prima di rendersi conto di non avere nemmeno i voti di quella che fu un tempo la sua coalizione, poi si intesta – tutto da solo, non comprovabile e soltanto a dir suo – il merito di aver convinto Mattarella ad accettare una irrinviabile e inoppugnabile rielezione.

Una rielezione senza limiti temporali, accolta con immenso senso del dovere, perché la sua decisione di rifiutare una ricandidatura non era lo specchietto per le allodole dei politici da strapazzo, ma una scelta precisa: la volontà di non continuare a condizionare la vita di sua figlia e magari di dedicarsi alla stesura delle sue memorie e all’impegno di senatore di diritto, che gli attribuisce l’Art. 59 della Costituzione. La ridda di nomi proposti da tutti ha frastornato gli italiani. Soltanto Enrico Letta ha continuato a chiedere un alto profilo senza fare nomi. Contro le spaccature e i mugugni interni al PD, ha preferito contribuire a tessere, minuto per minuto,  il quadro di consensi che ha portato al risultato finale, stando lontano dalle telecamere invase dagli altri segretari, presidenti e capi degli altri partiti, movimenti, leghe, fratelli e figli di un’Italia, che ne ha sbugiardato clientelismi e muri contro muri. L’accoppiata Mattarella – Draghi ha calmato le Borse di tutto il mondo e rasserenato il futuro orizzonte dell’Italia. Il lavoro continua senza interruzione a Palazzo Chigi e al Quirinale, dove si stanno riaprendo gli scatoloni del trasloco a nuova abitazione romana, privata e favorevole agli studi di un Mattarella, che aveva ipotizzato di poter passare il testimone ad altri.

Fra tutti i candidati i cui nomi ricorrevano nelle votazioni che hanno preceduto quella finale, la palma dell’onore al merito va a Pier Ferdinando Casini, che ha spazzato via qualunque velleità di un eventuale stupido colpo basso nell’anonimato del voto segreto, dichiarando pubblicamente e perentoriamente di rifiutare la candidatura, prima che si procedesse all’incoronazione del tredicesimo Presidente della Repubblica, il quale dovrà passare ufficialmente le consegne a se stesso. La cosa più vergognosa in tutta questa brutta storia, la cosa su cui dovremo interrogarci tutti apertamente, è l’ignobile maniera in cui sono state trattate le potenziali candidature delle donne. “Vogliamo una donna” tuonavano i soliti noti, facendo nomi immediatamente demoliti dai soliti tuttologi, trendsetter e gole profonde del nulla.

L’Ambasciatrice Elisabetta Belloni, prima donna Segretaria Generale del Ministero degli Esteri? NOOOO! Perché? Perché la Repubblica le ha affidato un incarico di infinita delicatezza nel campo della protezione dell’Italia da complotti di nemici interni ed esterni. Il Ministro Marta Cartabia, costituzionalista e prima donna presidente della Corte Costituzionale? NOOOO! Perché? Perché qualche frangia politica ne aveva chiesto le dimissioni minacciandola di sfiducia. La già Ministra Paola Severino, accademica, Rettrice universitaria, avvocata delle comunità ebraiche nella causa contro Priebke? NOOOO! Perché? Per ragioni non meglio identificate. La demolizione di qualunque rispetto verso le donne si è brutalmente concretizzata nella farsa crudele della candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati, bocciata dalla stessa ormai  ipotetica compagine che l’ha proposta. Si sono resi conto che la Casellati è non soltanto componente del CSM, ma è anche la Presidente del Senato della Repubblica e che – come seconda carica dello Stato – nel caso di un qualsiasi impedimento del Presidente della Repubblica ne prenderebbe automaticamente il posto? Con alle spalle la debacle di uno spoglio dei voti sul suo nome, cui ella stessa ha partecipato attivamente in virtù degli obblighi della sua carica, ha proseguito senza rilasciare dichiarazioni; senza accusare nessuno, malgrado qualche sciocco ne abbia chiesto le dimissioni; senza sottrarsi ai successivi compiti, incluso quello di portare al Presidente Mattarella la notizia ufficiale della sua elezione.

Tanto di cappello, Signora Presidente del Senato. Adesso però, il Gruppo Carlo Cattaneo invita il popolo italiano a impallinare a sale chiunque proponga a spada tratta che “bisogna eleggere le donne alle alte cariche”, per poi sbeffeggiarle pubblicamente nei fatti!

Concludiamo inviando al Presidente Mattarella l’augurio più fervido di lunga vita e grande successo al servizio degli italiani, che hanno davvero bisogno di lui.  

(Carlo Cattaneo)