di Sara Gentile

 

La vittoria del centrodestra è molto netta ed altrettanto quella di Giorgia Meloni di FdI che è riuscita per varie ragioni a dare voce ad un disagio sociale diffuso, prosciugando in parte il consenso ai suoi alleati, alla Lega soprattutto, che si è rinsecchita oltre ogni previsione. Quali i motivi?

Il primo è che il Pd, la forza maggiore della sinistra, è arrivato al suo redde rationem: da anni si è allontanato dalle sue classi tradizionali di riferimento, ma non ne ha coinvolte di nuove; da anni ha oscillato malamente fra la scelta di politiche centriste e il tentativo di inverare una sana politica socialdemocratica, con l’idea sbagliata che per stare nelle istituzioni bisognava tagliare molto dal coté degli interessi popolari e sociali in senso lato. Il Pd si è ristretto nel presente sempre uguale di un partito pigliatutto, quindi con programmi pragmatico-elettorali (e neppure spesso azzeccati), una struttura organizzativa concentrata su sé stessa, niente più legami con la gente, è finito il ruolo della sezione, questa grande invenzione del partito di massa che innervò di sé le città e i territori, troppa indulgenza anche al modello di partito personale, una macchina elettorale per prendere voti; ma non si è accorto, questo partito, che le sue spade si spuntavano sempre più e le sue frecce erano come la freccia ferma di Parmenide, quindi non comprendevano il mutamento. E ora oltre ai risultati nazionali, anche le regionali in Sicilia a seguire, hanno sancito una severa sconfitta della sinistra.

La Sicilia isola, circondata da ogni parte dal mare, vi è affogata, ma non per causa dei pirati, dei conquistatori venuti da lontano, come nel tempo era avvenuto, ma per mano di barche di autoctoni molto ben attrezzate, piene di vecchi notabili pronti a tutto, con legami preoccupanti, con nostalgie pericolose, con la sicumera dell’impunità, piena anche di qualche personaggio meno noto ma ugualmente abile nel salto verso il vincitore e catapultato qui, nel Sud, col riflesso del colonizzatore, complice anche una legge elettorale nefasta.

Il Sud ha spesso virato a destra e non è un fatto casuale, né legato a una natura particolare dei suoi abitanti, come molta letteratura folkloristica o molta pseudo-antropologia hanno ipotizzato. È stato laboratorio e metafora di un carattere, di una inclinazione nazionale direi, che non ha mai smesso di battere in una parte del cuore del paese. In questa campagna elettorale è rimasto innominato.

Pirandello non smette mai di parlarci e ci ricorda per bocca del protagonista Ciampa nel suo Il berretto a sonagli: "Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa. La seria, la civile, la pazza...dovendo vivere in società, ci serve la civile... ci mangeremmo tutti, signora mia, l'un l'altro, come tanti cani arrabbiati. - Non si può. E che faccio allora? Do una giratina così alla corda civile. Ma può venire il momento che le acque si intorbidano... se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!”. Leonardo Sciascia vi tornerà molti anni dopo.

E qui ora la corda pazza è rimasta sola, si è scatenata, non trovando un riferimento rassicurante se non la destra estrema in ascesa. La corda sociale, di civile passione, è sfuggita di mano a un partito che naturalmente doveva esserne il corifeo e garante.

Quindi, oltre i lamenti, le recriminazioni, la ricerca del colpevole, l’istinto punitivo, le acrobazie postelettorali, ciò che emerge da queste elezioni è un elemento importante sul quale non bisogna sorvolare ed è il punto cruciale: l’Italia è, si è confermato, il vivaio dei populismi e sovranismi di vario tipo, l'unico paese in Europa non solo ad avere un ventaglio nutrito di formazioni di questo tipo,ma di averle avute per lungo tempo e di averle ora al governo in diverse declinazioni. Neppure la Francia (che oggi ha in Parlamento un folto numero di parlamentari del RN di Marine Le Pen), o il Belgio, culle storiche dei primi populismi della metà del '900, hanno una simile mappa così estesa, né in esse la destra estrema nazionalista ha raggiunto il potere, se non in piccole nicchie locali. Rispondere alla domanda che i fatti ora ci pongono è l’unico discorso serio perchè alla lexis segua la praxis. Con tutto ciò il Pd, se vuole riprendere il suo cammino, e la sinistra tutta, quella sparpagliata, alternativa, rigida nell’ortodossia o libera e sognante, devono fare i conti, ciascuno con gli strumenti e le risorse che ha, con quelle nuove soprattutto che deve trovare ed addestrare.