Cresce il rifiuto degli italiani per i privilegi oggi ritenuti "odiosi" ma rimane il silenzio nelle piazze, dove non si registrano più "intense manifestazioni collettive come scioperi, manifestazioni e cortei", e a comprovarlo c'è anche il dato record dell'astensione elettorale di quest'anno. Il 56° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2022 registra un ripiegamento in sè: "Una filosofia molto semplice: lasciatemi vivere in pace nei miei attuali confini soggettivi". Una tentazione alla "passività" che si riscontra nel 54,1% degli italiani.

Quattro crisi in tre anni - la pandemia, la guerra, l'inflazione e la morsa energetica - hanno contribuito a portare l'Italia nel ciclo del post-populismo. Con il taglio dei consumi essenziali, dall'energia al carrello della spesa, gli italiani hanno abbandonato la rampante società del consumismo per presentare una "rinnovata domanda di prospettive di benessere" che non vede più quel tipo di pretese legate ad "aspettative irrealistiche fomentate da leader demagogici". Mentre negli ultimi dieci anni l'Italia è diventato un paese sicuro come non lo è mai stato - con i dati sulla criminalità in forte diminuzione su tutti i fronti - gli italiani hanno sedimentato la convinzione che "tutto può accadere", e oggi sono più insicuri e preoccupati che mai per gli effetti che i catastrofici eventi globali possono avere sulle loro vite. 

"Quella del 2022 non sembra però un'Italia sull'orlo di una crisi di nervi" si legge nel report, che parla invece di "diffuse espressioni di rabbia" e "gravi tensioni sociali". Nel mirino le "insopportabili" ed "eccessive" differenze retributive tra dipendenti e dirigenti, le "buonuscite milionarie" dei manager e "le tasse troppo esigue" pagate dai giganti del web. Un profondo senso di ingiustizia quello rilevato, che se la prende anche con "i facili guadagni" degli influencer e i relativi sprechi per feste e jet privati. Ad alimentare l'odio per le ostentazioni e i privilegi è la convinzione che preoccupa la quasi totalità della popolazione, secondo cui il proprio tenore di vita scenderà. Il 92,7% degli italiani è convinto che l'accelerata dell'inflazione durerà a lungo, il 76,4% che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno mentre il 64,4% sta già ricorrendo ai risparmi per fronteggiare l'inflazione. La convinzione dopotutto non sembra essere poi così infondata: già nel 2021 le famiglie che vivevano in condizione di povertà assoluta in Italia erano 1,9 milioni (7,5%), aumentate di 1,1 punti percentuali rispetto al 2019, per un totale di quasi 5,6 milioni di individui (il 9,4%, +1,7 punti percentuali rispetto al 2019) impossibilitati ad acquistare un paniere di beni e servizi giudicati essenziali per uno standard di vita accettabile.

Posti di fronte ad uno scenario drammatico, la sensazione generale è quella di non avere più alcuna speranza di migliorare la propria situazione, e per gli italiani prevale "la voglia di essere se stessi con i propri limiti". Una sorta di malinconia che, secondo il Censis, oggi definisce il loro carattere: otto italiani su dieci non sono più disposti a fare sacrifici per cambiare, né per seguire la moda né per fare carriera. L'83,2% non ha più voglia di sacrificarsi per mettere in pratica le indicazioni degli influencer, l'81,5% per vestirsi alla moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. Il 36,4%, inoltre, non è disposto a sacrificarsi nemmeno per avanzare nel lavoro e guadagnare di più. Alle ultime elezioni quasi 18 milioni di persone hanno manifestato la stessa "ritrazione silenziosa", con il partito dei "cittadini perduti della Repubblica" - quello degli aventi diritto non votanti - che ha visto i suoi numeri raddoppiare rispetto al 2006, divenendo oggi il primo d'Italia.

Nel Paese che invecchia, gli over 65 sono il 23,8%, +60% rispetto a trent'anni fa, e tra vent'anni si calcola che saranno il 33,7%. Davanti a rischi e incertezze, il trend demografico di chi non crede abbastanza nel futuro per fare figli si riflette sulla scuola, ma anche sulla sanità. Si calcola che tra 20 anni tra i banchi potrebbero sedere 1,7 milioni di giovani in meno mentre si stima che nel quinquennio 2022-2027 saranno 29.331 i pensionamenti tra i medici dipendenti del Ssn e 21.050 tra il personale infermieristico. Lo 'tsunami demografico' investirà in primo luogo la scuola primaria e la secondaria di primo grado: i 6-13enni, già nel 2032, potrebbero essere quasi 900mila in meno rispetto a oggi. E anche le immatricolazioni all'Università sono date in contrazione forte tra il 2032 e il 2042. Intanto i Neet - chi non studia né lavora - sono al top d'Europa: il 23,1% dei 15-29enni, che sale al Sud al 32,2% mentre la media Ue è del 13,1%.